Un viaggio in Nord America si è trasformato in un incubo per Becky Burke, una turista britannica di 28 anni, fermata e detenuta dalle autorità statunitensi per un presunto problema con il suo visto. La vicenda ha scatenato un’ondata di proteste da parte della famiglia, che denuncia condizioni di detenzione difficili e chiede un intervento immediato per il suo rilascio.
Il respingimento alla frontiera e l’arresto
Becky Burke, originaria del Monmouthshire, era partita a gennaio per un viaggio di quattro mesi attraverso gli Stati Uniti e il Canada. Dopo aver visitato diverse città, ha cercato di entrare in Canada il 26 febbraio, ma le autorità di frontiera le hanno negato l’ingresso, sostenendo che il suo visto non fosse adeguato e che potesse lavorare illegalmente.
Come conferma Snopes, respinta dal Canada, Becky ha tentato di rientrare negli USA, ma i funzionari statunitensi della dogana (CBP) le hanno negato il reingresso, classificandola come “inamissibile”. Subito dopo, è stata presa in custodia dall’Immigration and Customs Enforcement (ICE) e trasferita nel centro di detenzione di Tacoma, Washington.
Condizioni di detenzione difficili
Secondo quanto raccontato dalla stessa Becky alla BBC, le condizioni all’interno della struttura sarebbero estremamente dure. Sveglia alle 6:30 del mattino, temperature rigide e poche coperte. Condivide un dormitorio con 110 persone e ha accesso limitato alle comunicazioni, potendo effettuare chiamate solo tramite un iPad condiviso.
Anche la dieta imposta rappresenta un problema. Becky, che segue un regime vegano, ha dichiarato di ricevere quasi esclusivamente riso freddo, patate e fagioli, senza alternative adeguate.
Suo padre, Paul Burke, ha espresso grande preoccupazione per la situazione della figlia:
“Becky è una turista, senza precedenti penali, ma è stata ammanettata e trattata come una criminale. Indossa una tuta arancione ed è bloccata in un limbo burocratico.”
Possibili vie d’uscita e intervento delle autorità britanniche
Secondo le leggi statunitensi, Becky ha due opzioni per essere rilasciata. Partenza volontaria, che richiede l’approvazione di un giudice e potrebbe richiedere settimane o mesi, oppure l’espulsione rapida (Expedited Removal), che le consentirebbe di tornare nel Regno Unito più velocemente, ma con un divieto d’ingresso negli USA per cinque anni.
Il Ministero degli Esteri britannico ha confermato di essere in contatto con le autorità statunitensi, mentre la deputata Catherine Fookes ha chiesto un intervento più deciso per sbloccare la situazione.
Becky, consapevole della sua posizione privilegiata rispetto ad altri immigrati trattenuti nei centri ICE, ha dichiarato:
“Molti qui sono bloccati da anni. Io almeno posso sperare di tornare a casa, ma altri non hanno questa possibilità.”
La famiglia Burke continua a chiedere un intervento immediato per il rilascio di Becky, sottolineando che il suo caso è frutto di un’incomprensione burocratica.
“Becky non ha fatto nulla di male. Vogliamo solo che torni a casa il prima possibile.”
Il destino della giovane britannica è legato alla burocrazia americana, mentre cresce la pressione sulle autorità affinché risolvano rapidamente il caso.
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