boeing x-66

NASA e Boeing fermano il progetto X-66: cosa resta del sogno del volo efficiente

Il progetto congiunto X-66 di NASA e Boeing viene sospeso: niente prototipo, solo test a terra per il concetto di ala truss-braced a basse emissioni.

L’ambizioso X-66, frutto della collaborazione tra NASA e Boeing, non prenderà il volo. Il programma di sviluppo del dimostratore con ala truss-braced — una configurazione pensata per ridurre drasticamente consumi ed emissioni — è stato ufficialmente messo in pausa, termine che nei programmi spaziali e aeronautici equivale spesso ad una pietra tombale.

Il progetto, basato su un MD-90 modificato e dotato di un’ala sottile sostenuta da una trave di rinforzo, rappresentava una delle proposte più concrete per affrontare il problema dell’impatto ambientale del trasporto aereo. Ma a pochi mesi dall’inizio della fase costruttiva, si è deciso di abbandonare la realizzazione del prototipo per concentrare le risorse sui soli test a terra.

Il potenziale tecnologico: un’ala impossibile (quasi)

boeing x-66
Image: Boeing

Alla base del progetto c’era un’idea affascinante: avvicinarsi quanto più possibile all’ala “ideale”, quella che ogni ingegnere aeronautico sogna. Ovvero, un’ala a grande allungamento, sottilissima e priva di turbolenze parassite. Nella pratica, una soluzione del genere sarebbe irrealizzabile (richiederebbe un’apertura alare infinita), ma il progetto truss-braced wing cercava di avvicinarsi al concetto grazie all’uso di materiali compositi, geometrie non convenzionali e supporti strutturali innovativi.

Le promesse erano notevoli: fino al 30% in meno di consumo rispetto agli attuali modelli a corridoio singolo, maggiore silenziosità e un’autonomia di oltre 5.500 km. Il tutto a velocità transonica, tra Mach 0.8 e 1.2, una fascia in cui le forze aerodinamiche diventano instabili e complesse da gestire, ma strategicamente attraente per ridurre i tempi di volo.

Un programma ambizioso con costi fuori controllo

Boeing TTBW X-66
Image: Boeing

NASA aveva investito 425 milioni di dollari, mentre Boeing ne aveva messi sul tavolo 725. Una cifra imponente, soprattutto per un’azienda alle prese con una delle fasi più delicate della propria storia recente, tra problemi di affidabilità, ritardi nei programmi commerciali e calo di fiducia da parte dei clienti.

Il fatto che Boeing abbia scelto di ridimensionare il proprio impegno in un progetto strategico, e teoricamente in linea con la transizione ecologica, lascia spazio a diverse ipotesi. Scarsa fiducia nelle reali possibilità industriali del concetto, ancanza di ritorni economici nel breve periodo o forse, più semplicemente, un cambio di priorità?

Anche per NASA, è possibile che stia prevalendo un ritorno alle missioni spaziali classiche, più centrali nella narrazione politica americana, soprattutto in tempi di revisioni di bilancio e di crescente pressione sulle spese pubbliche.

Il futuro resta virtuale: avanti con simulazioni e CFD

Boeing 787 Dreamliner fight deck
Image: Boeing

Ciò che resta del X-66 sarà confinato ai laboratori: test in galleria del vento, modelli computazionali (CFD) e studi strutturali. Nessun aereo reale solcherà i cieli, almeno non a breve. Quello che vediamo è che a parole, le grandi aziende si dicono impegnate nella transizione, ma nella pratica i progetti più radicali vengono rallentati, ridotti o fermati del tutto.

C’è anche da chiedersi se il modello pubblico-privato sia adeguato a sostenere un’innovazione di sistema: i costi sono enormi, i ritorni lenti, e le scelte politiche possono cambiare con ogni nuova amministrazione.

Il sogno di un aereo commerciale a emissioni zero, veloce ed efficiente, non è morto. Ma è stato, ancora una volta, rimandato.