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La “fat tax” in aereo punisce chi pesa troppo in nome della sostenibilità ambientale

Un nuovo studio esamina la possibilità di legare il costo dei biglietti aerei al peso dei passeggeri, tra sostenibilità e controversie etiche.

Il settore dell’aviazione è da tempo sotto osservazione per il suo impatto ambientale, responsabile del 2,5% delle emissioni globali. Ridurre il peso a bordo, sia del bagaglio che dei passeggeri, è una delle idee proposte per contenere i consumi di carburante. Ma una tale misura comporta implicazioni etiche e sociali, come dimostra un recente studio condotto da ricercatori internazionali su 1.012 passeggeri statunitensi.

Il sondaggio ha esplorato il gradimento dei viaggiatori a politiche di prezzo basate sul peso corporeo, un concetto che ha già suscitato dibattiti in passato. Nel 2013, Samoa Air, come riportato da Newatlas, aveva introdotto un sistema di tariffazione che calcolava il costo del biglietto in base al peso totale del passeggero e del bagaglio. Anche se applicato solo su piccoli aerei, l’idea ha trovato poca accoglienza nel settore, con molte linee aeree che l’hanno definita discriminatoria.

Come potrebbero essere le nuove tariffe aree in base al peso

Lo studio ha presentato tre modelli di prezzo ai partecipanti:

  1. Politica standard: biglietto con 23 kg di bagaglio incluso e un costo fisso.
  2. Soglia di peso corporeo: tariffa base con un costo aggiuntivo per chi supera i 72,6 kg di peso.
  3. Peso totale unitario: prezzo calcolato sul peso complessivo del passeggero e del bagaglio, con sconti per bagagli leggeri.

I risultati mostrano una netta divisione: i passeggeri sotto i 72,6 kg sono ovviamente favorevoli al modello basato sul peso, con il 71,7% che lo considera accettabile. Al contrario, i passeggeri più pesanti preferiscono la politica standard, anche quando economicamente meno conveniente, per evitare potenziali discriminazioni.

La generazione più giovane (18-35 anni) si è dimostrata più aperta a politiche innovative, con una maggiore accettazione del calcolo basato sul peso rispetto ai partecipanti over 66. Tuttavia, il sondaggio ha evidenziato preoccupazioni diffuse sull’equità di queste politiche: il 60% degli intervistati teme che il peso possa diventare un fattore discriminante, ignorando contesti come l’accesso al cibo sano o le condizioni socioeconomiche.

Si tratta ovviamente di scelte etiche, che sono tra i motivi principali per cui poche compagnie aeree hanno adottato modelli di prezzo legati al peso corporeo, nonostante il loro potenziale impatto ambientale ma soprattutto ecomico.

Sostenibilità o discriminazione?

Markus Schuckert, docente dell’Università del New Hampshire, ha sottolineato l’importanza di un approccio sostenibile ai voli, ricordando che il peso a bordo influenza direttamente il consumo di carburante. Tuttavia, trasformare i passeggeri in un elemento di calcolo economico resta una questione delicata.

In molti settori adottiamo modelli di ‘pay-as-you-consume’ per incoraggiare la sostenibilità“, ha spiegato Schuckert. “Ma applicarli alle persone può sembrare discriminatorio. Il problema è trovare un equilibrio tra equità e rispetto delle scelte individuali.

Mentre alcune compagnie, come Finnair, stanno raccogliendo dati sul peso dei passeggeri per valutare l’impatto sul consumo di carburante, l’idea di una tariffazione personalizzata basata sul peso rimane divisiva. In un’industria che cerca di ridurre le emissioni e diventare più sostenibile, questo approccio potrebbe guadagnare terreno, ma solo se bilanciato da politiche che tengano conto di sensibilità sociali ed etiche.

D’altro canto, nulla si dice invece sulle emissioni del settore navale, dai trasporti alla pesca al turismo da crociera, che già nel 2010 pesava per il 40% sulle emissioni a livello globale. D’altra parte non può che essere così, visto l’utilizzo di carburanti che sono tra i più inquinanti. In questo caso si parla infatti di combustibili fossili ad alto contenuto di zolfo, che emettono grandi quantità di anidride solforosa (SOx) e diossido di azoto (NOx) insieme alla CO2.

Il dibattito rimane aperto: è giusto far pagare chi pesa di più, in nome dell’ambiente?

 

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