Non viene riconosciuto il maggiore livello di commissioni bancarie collegate alle transazioni con carte di credito? Niente benzina. Lo sciopero dei benzinai del 6 febbraio è una contestazione contro l’attuale governo. Lo stop, che durerà 24 ore, è stato indetto per protestate di fatto sulla decisione di annullare un provvedimento, approvato dal governo precedente, che riguardava le commissioni che i gestori degli impianti dovevano pagare al sistema bancario.
Con una nota i sindacati dei gestori degli impianti denunciano infatti che il ministero dell’Economia “Ha deciso di confiscare il rimborso che, dopo oltre 15 anni di trattative, il Governo precedente aveva finalmente approvato con la finanziaria 2018 in termini di credito d’imposta a favore dei gestori, riconoscendo il maggiore livello di commissioni bancarie collegate alle transazioni con carte di credito, subito in ragione dello straordinario peso fiscale che grava sul prezzo dei carburanti“.
Sciopero benzinai del 6 febbraio, tutti i motivi
Al centro della protesta dello sciopero dei benzinai del 6 febbraio ci sono quindi le commissioni che i gestori degli impianti devono pagare al sistema bancario sui pagamenti effettuati dai clienti con carta di credito. Nella nota congiunta Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio si spiega di aver comunicato la protesta già il 16 gennaio scorso ai ministri dello Sviluppo, Luigi Di Maio, e dell’Economia, Giovanni Tria, e ai sottosegretari al Mise Dario Galli e al Mef Massimo Garavaglia.
Secondo le associazioni di categoria, la decisione di negare il rimborso “è del tutto ingiustificata ma anche gravissima, perché pretende di cancellare arbitrariamente un atto politico pubblico frutto di un equilibrio motivato, attraverso espedienti tecnici unilaterali sottoforma di circolari ed emendamenti nascosti nel mucchio di quelli collegati alla conversione del Decreto semplificazioni“.
I sindacati poi ricordano che “al prezzo medio attuale della benzina (circa 1,5 euro al litro), ogni 100 euro di commissioni che il sistema bancario pretende dal gestore, 66,59 euro sono generati dal tributo incassato dall’Erario, vale a dire proprio dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che quindi più di qualunque altro soggetto dovrebbe sostenere e prudentemente difendere tale provvedimento. Quel provvedimento sul credito d’imposta che, partorito 13 mesi fa, i gestori non hanno neanche potuto cominciare a spendere per i ritardi dell’amministrazione, è stato reso persino tassabile ed è stato incassato nel frattempo dal monopolista Nexi che ha cominciato a raddoppiare il peso delle commissioni, senza che né il Ministero dell’Economia e delle Finanze, né l’Antitrust, trovassero niente da ridire, nonostante le ripetute sollecitazioni“.