Yacht a vela Yara

Yacht a vela Yara: torna a navigare lo “Sciarrelli”

Yacht a vela Yara: la barca è stata disegnata da Carlo Sciarrelli, il Maestro della progettazione di scafi classici scomparso nel 2006.

Dopo oltre 40 anni di assenza dalle coste italiane, praticamente sconosciuto agli appassionati, lo splendido yacht a vela Yara in legno lungo 15 metri, da sempre appartenuto a una stessa famiglia, è tornato a navigare in alto Adriatico. La barca, varata nel 1977 dal Cantiere veneto Crosato, è stata disegnata dal triestino Carlo Sciarrelli, il Maestro della progettazione di scafi classici scomparso nel 2006. Oggi, dopo una serie di recenti lavori di ricondizionamento, è pronta a veleggiare al comando di chi desidererà impiegarla per crociere d’altura o per farla partecipare ai raduni e alle regate dedicati alle barche d’epoca, con la certezza che non passerebbe inosservata.

Yacht a vela Yara: dall’Adriatico alla Turchia

Yacht a vela Yara

Yara è uno sloop Marconi in legno lungo 15,25 metri, varato nel 1977 presso il cantiere Piero Crosato, all’epoca insediato a Jesolo, in provincia di Venezia. Già dall’anno successivo la barca è in rotta verso la Grecia, con destinazione finale la Turchia e più precisamente Kusadasi, località della costa occidentale a oltre 500 chilometri a sud di Istanbul, ove è presente uno dei marina turistici più importanti del Paese. Qui stabilisce la propria base per un trentennio, accogliendo ogni anno per le vacanze estive la famiglia milanese da sempre proprietaria dello yacht.

Nel 2008 avviene il ritorno in Italia, momento in cui viene alata a Monfalcone presso il Cantiere Alto Adriatico per il rifacimento della coperta in teak. Mutate esigenze impongono una sosta “prolungata”, al punto che Yara viene posta su invaso e rivestita con teli protettivi fino al 2021. Dopo una nuova serie di interventi, tra i quali la riverniciatura dello scafo, delle sentine e il rinnovo dell’impianto idraulico, torna in mare nel settembre 2022 confermando la solidità del progetto, una costruzione monolitica in lamellare incrociato di mogano, al punto da non evidenziare né marcescenze, né infiltrazioni di acqua. Oggi, dopo essere appartenuta per 45 anni ad una stessa famiglia, Yara potrebbe essere ceduta ad un nuovo appassionato velista che apprezzerebbe e valorizzerebbe uno dei progetti classici più datati del Maestro Sciarrelli, con la certezza che non passerebbe inosservata in occasione dei raduni di barche d’epoca ai quali potrebbe partecipare.

Yacht a vela Yara: il progetto numero 71 del maestro Carlo Sciarrelli

Yacht a vela Yara

La “gestazione” di Yara ha inizio nel 1967, quando Adriano Trevisiol, imprenditore milanese, commissiona l’embrione del progetto ad un giovane Carlo Sciarrelli, lo yacht designer triestino scomparso nel 2006 all’età di 72 anni destinato a diventare il più apprezzato e importante disegnatore di scafi in legno dalle linee classiche. La famiglia non ha tradizioni nautiche e sembra che Trevisiol abbia inizialmente intrapreso questa avventura a “insaputa” dei propri congiunti.

Solo cinque anni più tardi avverrà l’approccio alla vela a bordo di un Tortuga 27, acquistato e ormeggiato tra Chiavari a Portofino. Il “test nautico” è positivo e l’imprenditore programma una serie di trasferte da Milano, dove risiedeva, a Trieste per incontrare Sciarrelli e dibattere, pare animatamente, su come sarebbe dovuta essere la barca.

Nel 1975 il progetto provvisorio diventa definitivo e, una volta contrassegnato con il numero 71, il 26 febbraio 1976 viene siglato il contratto di costruzione con il cantiere Piero Crosato di Jesolo, in provincia di Venezia. La costruzione prosegue fino all’estate del 1977, momento del varo.

Nel 1977 Yara è in acqua. Il suo nome, quello di una tigre in un film dell’epoca, era stato proposto dal primogenito 12enne di Trevisiol, Luca, poi accettato anche dagli altri membri della famiglia. Ma prima della partenza per la Turchia lo sloop è costretto ad una sosta forzata presso il Marina Hannibal di Monfalcone per alcuni problemi al motore Ford Transit. Ottima occasione per i due figli dell’armatore di frequentare la Scuola di Vela Tito Nordio, la prima istituita dalla FIV (Federazione Italiana Vela) in Italia. Gli insegnamenti ricevuti gli consentono di continuare a mantenere “operativa” la barca di famiglia e acquisire le competenze necessarie. Per trent’anni Yara non si allontana dalla Turchia, né compie importanti navigazioni in altre parti del Mediterraneo o partecipazioni a regate d’altura.

La costruzione in legno e gli interni

Yacht a vela Yara

Yara è costruita in 5 strati di lamellare incrociato di mogano, con la coperta in doghe di teak poggiate su interposto compensato marino e con l’albero in alluminio a due ordini di crocette alto oltre 20 metri. Nonostante il ponte flush-deck, presenta interni spaziosi degni di scafi di dimensioni superiori, soprattutto se consideriamo che il primo ‘concept progettuale’ risale addirittura al 1967. La lunga e bassa tuga, digradante dal pozzetto fino a prua, garantisce infatti un’altezza d’uomo sottocoperta per tutta la lunghezza della barca.

Dalla cabina di poppa a tutto baglio, con bagno separato, si passa all’ampio quadrato con tavolo da carteggio sulla dritta e doppia divaneria contrapposta, trasformabile all’occorrenza in tre cuccette. Nel quartiere prodiero è ricavata una seconda cabina con letti sovrapposti, un secondo bagno, la cucina a murata e infine la classica cuccetta matrimoniale a ‘V’ di prua. Tra i caratteri distintivi la sobrietà e marinità, con gli ambienti in mogano satinato plastic free, i tientibene sottocoperta, le armadiature con antine in paglia di Vienna che contribuiscono al ricambio d’aria, ben 6 prismi di luce incassati in coperta che, insieme a 9 tra osteriggi e passauomo, garantiscono l’illuminazione naturale. Yara, che può imbarcare fino a 2000 litri di acqua, può così diventare un formidabile strumento per la crociera famigliare, le regate d’altura o il charter.

Nulla del piano di coperta è stato stravolto in oltre 45 anni di vita della barca e quanto a suo tempo installato è ancora funzionale e funzionante: dai winches e il rigging marca Barbarossa al trasto randa, rotaie, rinvii, alla falchetta in legno con gli ombrinali ravvicinati e i Tannoy per il ricambio d’aria sottocoperta. Una moderata bolzonatura e la quasi assenza del cavallino fanno sì che l’acqua in coperta scorra lungo la direttrice destra-sinistra e non lungo la longitudinale.

La velatura, realizzata da Zadro, comprende una nuova randa da 55 mq, il genoa avvolgibile da 76 mq e lo spi da 198 mq. A prua, a dritta e sinistra, quattro piccole selle in legno consentono di rizzare in coperta i due tangoni dello spinnaker. L’ampio pozzetto con la timoneria a ruota ha la seduta leggermente arcuata a schiena d’asino e sopra le due panche, a copertura di altrettanti gavoni, sono presenti 4 sportelli a filo ricavati negli schienali, adatti per riporre piccoli accessori.

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