Negli Stati Uniti tra il 2011 e il 2020, più di 370.000 persone sono morte in incidenti legati in qualche modo ai trasporti. Circa il 94% di queste morti sono avvenute sulle strade. Per le autorità americane c’è bisogno di un cambio di rotta, puntando verso “zero“, che è l’unico numero accettabile di morti e feriti gravi.
Un discorso interessante, anche perché non ci risulta che da noi l’argomento sia stato affrontato in questi termini. Se ci fate caso, si parla sempre di buche sulle strade, o eventualmente autovelox. Ma difficilmente viene affrontato il problema alla radice.
Vediamo allora come viene analizzata la questione del Dipartimento dei Trasporti americano, che punta su cinque punti chiave.
Il primo è quello chiamato “Safer People“, rivolta ai comportamenti umani che possono influenzare la sicurezza, come guidare in stato di ebbrezza o non indossare la cintura di sicurezza.
Il secondo riguarda la struttura delle strade stesse, richiamando l’attenzione sulle differenze tra strade urbane ed extraurbane.
Il terzo esplora i sistemi di sicurezza nelle auto stesse, che includono non solo airbag e cinture di sicurezza, ma anche tecnologie più recenti, come la frenata automatica di emergenza.
Gli ultimi due punti sono chiamati “Velocità più sicure“, che riguardano la velocità a cui viaggiano i veicoli, e “Assistenza post-incidente“, che incorpora l’attenzione medica che le persone ricevono dopo un incidente, e quanto tempo ci vuole per arrivare.
Il rapporto evidenzia anche le morti di pedoni e motociclisti. Nel 2020, 891 persone sono decedute a causa di incidenti in bicicletta, ovvero oltre il 40 per cento in più dal 2010. Il dato che fa riflettere è che i morti sulle strade non colpiscono la popolazione in maniera omogenea: ad esempio nel 2018, i decessi maggiori tra pedoni e ciclisti si sono verificati tra i nativi americani, seguiti da afroamericani e ispanici.
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