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VW dice addio a Xinjiang: la fabbrica delle violenze contro gli uiguri

Volkswagen ha annunciato la vendita del suo stabilimento nella regione cinese dello Xinjiang, ponendo fine a una presenza controversa a causa di accuse di violazioni dei diritti umani contro la minoranza uigura. Parallelamente, Volkswagen ha comunque esteso la partnership con […]

Volkswagen ha annunciato la vendita del suo stabilimento nella regione cinese dello Xinjiang, ponendo fine a una presenza controversa a causa di accuse di violazioni dei diritti umani contro la minoranza uigura. Parallelamente, Volkswagen ha comunque esteso la partnership con SAIC Motor fino al 2040, con l’obiettivo di lanciare 18 nuovi modelli entro il 2030, tra cui otto auto elettriche ed ibride.

Secondo quanto riporta Reuters, l’impianto, situato a Urumqi e gestito in collaborazione con SAIC Motor, è stato ceduto alla Shanghai Motor Vehicle Inspection Certification (SMVIC), una sussidiaria del gruppo statale Shanghai Lingang Development Group. Nonostante il cambio di proprietà, i circa 170 posti di lavoro nello stabilimento saranno mantenuti.

Declino delle vendite Volkswagen in Cina

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Image: Volkswagen

La quota di mercato di Volkswagen in Cina è passata dal 19% del 2019 al 14,5% del 2023, con una ulteriore riduzione previsto per quest’anno. L’impianto di Urumqi, aperto 11 anni fa come parte dell’alleanza con il costruttore cinese Saic, è rimasto inattivo dal 2020, limitandosi a controlli qualità su modelli assemblati altrove.

Volkswagen ha motivato la vendita con esigenze di ottimizzazione produttiva, ma l’uscita dalla regione consente anche di ridurre l’esposizione alle critiche di organizzazioni per i diritti umani e investitori proprio nello Xinjiang, regione al centro di accuse di lavoro forzato e altre violazioni dei diritti umani. Secondo il Wall Street Journal, nel 2023 un report di un audit condotto dall’azienda è stato giudicato insufficiente perché non garantiva riservatezza e protezione ai dipendenti intervistati.

Tra l’altro lo scorso febbraio, le autorità doganali statunitensi hanno bloccato l’importazione di migliaia di veicoli Porsche, Bentley e Audi, accusando un fornitore nello Xinjiang di impiegare manodopera forzata per produrre componenti elettronici.

 

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