Il presidente Donald Trump ha annunciato l’imposizione di dazi del 25% sulle importazioni da Canada e Messico, con effetto dal 1° febbraio. Le nuove tariffe colpiranno in particolare il settore automobilistico, mettendo sotto pressione le case che producono in Messico per il mercato statunitense, tra cui Audi, BMW, Honda, Kia, Mazda, Stellantis, Toyota e Volkswagen.
Secondo l’amministrazione USA, le motivazioni alla base di questa decisione sono legate a tre fattori principali:
- Flussi migratori irregolari verso gli Stati Uniti.
- Sussidi economici che, secondo Trump, gli USA starebbero indirettamente concedendo ai due Paesi attraverso le importazioni.
- Crisi del fentanyl, un oppioide sintetico prodotto illegalmente e spesso trafficato attraverso il confine messicano.
Oltre ai marchi stranieri, i dazi impatteranno anche le case automobilistiche americane, come Ford e General Motors, che hanno spostato parte della loro produzione in Messico per ridurre i costi. Questo potrebbe tradursi in un aumento dei prezzi delle automobili negli Stati Uniti e in possibili tensioni diplomatiche con i Paesi vicini.
Dazi sul petrolio: decisione rinviata
L’amministrazione Trump sta valutando se applicare tariffe anche sulle importazioni di petrolio da Canada e Messico, ma la decisione è stata rimandata. Colpire il settore energetico rischierebbe di minare una delle promesse chiave della campagna elettorale del tycoon: ridurre il costo della vita per gli americani.
Attualmente, il 40% del greggio lavorato nelle raffinerie statunitensi proviene dall’estero, e la maggior parte arriva proprio da Canada e Messico. Imporre dazi su queste forniture potrebbe avere ripercussioni sui prezzi del carburante e sull’inflazione.
La misura rappresenta un’ulteriore mossa protezionistica da parte di Trump, che punta a rafforzare la produzione nazionale, ma rischia di innescare nuove tensioni economiche tra gli Stati Uniti e i suoi principali partner commerciali del Nord America.