Il ritorno del Salone dell’Auto di Ginevra in una versione ridotta riflette la crisi delle fiere automobilistiche tradizionali nell’era digitale. La drastica riduzione degli espositori e l’assenza dei grandi marchi evidenziano l’irrilevanza crescente di questi eventi.
Il ritorno del Salone dell’Auto di Ginevra, in una versione che si potrebbe definire “extra-small” è fonte di riflessione sul ruolo e sull’efficacia delle fiere automobilistiche tradizionali nell’era digitale. La drastica riduzione nel numero di espositori, con una presenza quasi esclusiva di case automobilistiche cinesi a eccezione di pochi nomi storici come Renault, è il sintomo di una crisi profonda. E se non fosse stato per lo show di De Meo, che in una volta sola ha portato casa l’Auto dell’Anno ed ha presentato la nuova Renault 5 elettrica, una delle elettriche più belle di sempre, sarebbe stato un vero e proprio fiasco.
La debacle organizzativa della “non edizione” del 2020, annullata all’ultimo minuto a causa della pandemia, non solo ha inflitto un duro colpo alla reputazione del Salone di Ginevra ma ha anche accelerato una riflessione su quanto questi appuntamenti siano ancora pertinenti e capaci di attrarre l’interesse del pubblico e dei grandi marchi. La realtà con la quale ci dobbiamo confrontare è che il modello tradizionale dei saloni dell’auto sembra essere superato, incapace di adattarsi alle esigenze di un settore in rapida evoluzione e sempre più orientato verso la digitalizzazione.
Gli organizzatori sembrano aver mancato l’opportunità di reinventare questi eventi, limitandosi a proporre una versione ridotta che appare più come una resa che come una strategia pensata per rispondere alle sfide attuali. L’assenza marcata dei grandi nomi dell’industria automobilistica non è solo un campanello d’allarme ma anche un chiaro segnale della crescente irrelevanza dei saloni auto tradizionali, che non riescono più a offrire quel valore aggiunto in termini di visibilità e coinvolgimento che un tempo giustificava investimenti e partecipazioni massicce.
A questo punto, ha senso continuare a investire in tali manifestazioni?. L’industria automobilistica si trova di fronte a trasformazioni epocali, dalla transizione verso la mobilità elettrica alla necessità di integrare tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e la connettività. Questi cambiamenti richiedono piattaforme di comunicazione e di lancio che siano davvero innovative, in modo da raggiungere il pubblico con modalità che i saloni fisici sembrano sempre meno in grado di garantire.
Non vogliamo buttare la cosiddetta croce addosso agli organizzatori di questi eventi, che cercano di fare il possibile in un contesto che non è più quello del 2019. Eppure, anche loro, sembrano aggrapparsi a un format obsoleto senza riuscire a proporre alternative convincenti. È giunto il momento per gli organizzatori di confrontarsi con la realtà: i saloni dell’auto, così come sono stati concepiti fino ad ora, hanno ancora senso?
Il pubblico si muove in massa quando gli si offre un prodotto convincente, come dimostrato da fiere come Milano Autoclassica, o Automotoretrò, ma anche la stessa EICMA che nel mondo delle moto proprio lo scorso anno ha fatto il record di sempre di ingressi. La vera sfida è allora quella di trasformare la crisi in un’opportunità, reinventando i saloni auto in chiave moderna e recuperando il loro ruolo di vetrine privilegiate per l’innovazione e la visione futura dell’automotive.
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