Dici Svezia e, per le auto, pensi a Volvo. Ma se oggi il marchio di Göteborg è uno dei pochi rimasti, gli appassionati ricorderanno un’altra azienda scandinava, oggi rimasta solo produttrice di velivoli, dal nome Saab, che ha purtroppo chiuso i battenti definitivamente nel 2016, dopo numerosi anni di stallo e crisi. L’ultimo modello della casa svedese è la Saab 9-5, la cui produzione è ufficialmente terminata nel 2012.
A quanto pare, però, non tutte le unità sono state vendute: infatti, in un concessionario dismesso in Massachussets, si trova, in stato di abbandono, una Saab 9-5 completamente nuova. Un concessionario che potrebbe essere a tutti gli effetti una sorta di “fossile” che permette un viaggio immersivo nel tempo alla (ri)scoperta di un glorioso marchio lasciato morire.
Saab 9-5: il canto del cigno di un marchio sfortunato
Nello specifico, la vettura “cristallizzata” è una Saab 9-5 Aero Turbo6 XWD, che al lancio rappresentava l’ammiraglia dell’azienda svedese, con tutte le migliori tecnologie che Saab, e il modello stesso, avevano da offrire. La vettura presenta i paraurti anteriori e posteriori sportivi, un motore V6 turbo 2,8 litri da 300 CV e trazione integrale, quest’ultima presente sulle “ammiraglie” di quel periodo, sorte sulla piattaforma GM Epsilon II, tra cui anche l’Opel Insignia.
Lanciata sul mercato nel 2009, la seconda generazione della Saab 9-5 è il frutto di un progetto lungo e pieno di insidie, in quanto nasce nel periodo in cui General Motors è in trattativa con l’olandese Spyker Cars per la cessione di Saab. Tuttavia, l’estetica e le prestazioni rispecchiano pienamente quelle dell’azienda, a partire dal desgin aerodinamico e levigato, coi fari a sviluppo orizzontale, la grande e tipica mascherina trapezoidale con il logo, e la scelta di materiali e leghe leggere di alluminio per ridurre il peso di un’auto che, comunque, doveva garantire ottime prestazioni.
Inoltre, la 9-5 riproponeva elementi tipici del marchio, come il parabrezza avvolgente e il lunotto spiovente e rigido, due elementi in contrasto e ripresi dal mondo aeronautico.
Notevole anche la dotazione tecnologica, come per esempio il riconoscimento dei segnali stradali e il controllo elettronico dei differenziali anteriore e posteriore. La Saab 9-5 era assemblata nello stabilimento di Trollhättan, città sede del marchio, e anche la sua produzioni ha conosciuto fasi alterne: interrotta nel 2009 dopo i primi 1000 esemplari, fu riavviata nel 2010, una volta recuperati i fondi, per poi essere cessata definitivamente nel 2012.
Filante, comoda, ricercata, la Saab 9-5 è stata letteralmente il canto del cigno dell’azienda svedese, che ha iniziato il suo declino una volta finita nelle mani di General Motors. Il colosso americano, del resto, oggi deve la sua cattiva reputazione, solo in parte risanata negli ultimi anni grazie alla nuova CEO Mary Barra, proprio per aver tolto l’anima a tutti i marchi finiti sotto il suo controllo tra gli anni Novanta e Duemila, e per aver decretato la fine di aziende storiche, come Holden in Australia, Pontiac, e appunto Saab.
Questione di sfortuna
Il carattere forte e personale delle Saab, del resto, si persero proprio a partire dal controllo americano, con auto come la seconda generazione della 9-3, nata sulla piattaforma Epsilon di GM nel 2003, che fu un flop, così come altre auto, persino quelle nate in collaborazione con Subaru (all’epoca sempre GM). Nel 2008, dopo anni di perdite, il colosso di Detroit mise il marchio “sotto esame”, considerando di venderlo o di eliminarlo definitivamente per uscire dalla grave crisi economica che stava attraversando.
Un primo tentativo di acquisizione venne direttamente dalla madrepatria. Koenigsegg, l’azienda svedese di supercar come la CCX e la Agera, tentò di rilevare Saab nel 2009, ma a causa di un accordo troppo complicato, si tirò indietro. Proprio mentre si credeva che GM avrebbe staccato la spina all’azienda, nel 2010 il colosso annunciò la cessione di Saab all’olandese Spyker, rivelatasi tuttavia incapace di coprire le perdite di Saab, che d’altro canto fermò la produzione a più riprese per via del rifiuto dei fornitori di consegnare le merci, a causa di pagamenti insoluti.
Nel corso di 3 anni, Saab presentò più volte istanza di fallimento, anche a causa di General Motors che, nonostante la cessione, era rimasta proprietaria dei brevetti delle 9-3 e 9-5, e impediva quindi la fornitura di parte della tecnologia per la produzione. Non è un caso che, in quegli anni, anche queste azioni attirarono a GM numerose proteste e tentativi di boicottaggio.
Saab chiuse i battenti definitivamente nel 2012, mentre il suo marchio fu utilizzato fino al 2016 dalla neonata NEVS, successivamente impossibilitata ad usare il nome per via dei mancati permessi da parte di Scania AB, primo gruppo di appartenenza di Saab e ancora detentore del copyright. Oggi, quindi, Saab Automobili non esiste più, mentre la sua “eredità” è raccolta da NEVS, National Electric Vehicle Sweden, che proprio a Trollhätan ha sede.
Il nome Saab continua a produrre, invece, aerei, veicoli con i quali è divenuta famosa e che ispiravano sempre anche le autovetture.
Quel che resta di Saab Automobile AB
Dopo la fine di Saab, tutti i concessionari sono stati chiusi in poco tempo, mentre alcuni, come Trio Motors di Burton e il Village Saab – dove si trova la 9-5 sopravvissuta – hanno resistito, focalizzandosi su auto usate, parti di ricambio e assistenza. Proprio al Village Saab di Acton si trova la Saab 9-5 mai venduta.
La concessionaria ha chiuso molto di recente: gli ultimi post su Facebook risalgono al 2017, ma è probabile che l’attività sia andata avanti ancora per qualche anno. Oggi è un lotto per lo più vuoto, intwramente visitabile in modo virtuale, tramite Google Street View, dal quale si può notare che la Saab 9-5 è appena visibile dalla strada.
Dalle foto si nota come lo showroom sia rimasto intatto dalla chiusura, con ancora materiale di vendita sparso ovunque, e il logo Saab ben visibile. Intatti anche i colori, con il bianco ancora vivido sulle sedie, sulle piastrelle, sui tavoli. Rimangono ancora le opere d’arte sulle pareti, ed elementi d’arredo iconici si trovano per tutto il locale, come il tavolo realizzato con iconici cerchi a tre razze della Saab Klingon. Tutto è lì, intatto, come se i proprietari, o i vecchi custodi, dimostrassero l’intenzione a non staccarsi da lì per nessun motivo.
Sono presenti anche alcuni elementi impacchettati e posti sul retro, come per esempio una Austin Healey, una Chevrolet Caprice PPV della polizia di Boston, Subaru Forester e Outback, e anche una Hyundai Sonata Hybrid, forse lasciate lì e ben avvolte per conservarle al meglio.
Quel che è certo, è che un luogo del genere può essere quasi meta di pellegrinaggio (ma virtuale) per i cultori di Saab, e accendere non pochi ricordi, nella certezza, un po’ nostalgica, di un’azienda che, al pari di molte altre, non tornerà più. Un’azienda che ha avuto una storia simile a quella di Volvo, ma destino opposto: anche il marchio di Göteborg, durante la “dominazione” americana – in questo caso, Ford – ha vissuto momenti difficili, ma ha avuto la fortuna di essere stata acquisita da Geely, che le ha ridato letteralmente slancio e vitalità.
Viene da chiedersi che cosa potrebbe fare oggi il marchio che per primo ha prodotto una Wagon elettrica, la 9-3 ePower SportHatch, e che ha introdotto sul mercato auto davvero all’avanguardia.
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