L’escalation del conflitto nel Mar Rosso tra gli insorti yemeniti Houthi e le marine degli Stati Uniti e del Regno Unito ha innescato preoccupazioni per una possibile escalation del conflitto mediorientale e i suoi impatti sui mercati dell’energia.
Sarà un caso, ma ogni volta che i mercati hanno una sorta di “calma”, ecco che si scatena qualcosa che fa impennare prezzi di petrolio e gas. Questa volta è l’area del Mar Rosso il punto focale di crisi con esiti incerti e ripercussioni già evidenti. L’aggressione recente verso navi mercantili e petroliere, perpetrata dagli insorti yemeniti Houthi nello stretto strategico di Bab el Mandeb, ha innescato una robusta reazione militare dalle marine degli Stati Uniti e del Regno Unito.
La situazione di crisi nel Mar Rosso si è intensificata con l’invio di ulteriori mezzi militari da parte dell’Italia, incluso la fregata Martinengo, che si aggiunge alla Virginio Fasan già presente in zona. La tensione è culminata recentemente quando gli Houthi, in risposta all’affondamento di alcune loro imbarcazioni, hanno attaccato con un’offensiva massiccia di droni e missili le flotte americana e britannica: in totale 18 droni, due missili Cruise ed uno balistico.
Nonostante questo, le navi occidentali non hanno riportato danni, grazie all’uso di tecnologie anti-missilistiche avanzate e all’intervento degli F-18 dalla portaerei Eisenhower. Tutti hanno però potuto notare il cosiddetto “salto di qualità”, sia per la sua ampiezza e per una complessità senza precedenti. La risposta delle forze occidentali non si è fatta attendere, con bombardamenti su varie postazioni Houthi e città yemenite, inclusa la capitale Sana’a, in un’azione coordinata con alleati quali Regno Unito, Australia, Canada, Paesi Bassi e Bahrein.
Le conseguenze dell’offensiva occidentale sono varie. Nonostante non si preveda una campagna militare ampia contro gli Houthi, e per qualcuno il bombardamento potrebbe addirittura aiutarli, la situazione ha sollevato timori per un possibile allargamento del conflitto a tutto il Medio Oriente, già turbato dalla situazione a Gaza e dalle tensioni tra vari Stati della regione.
Gli effetti economici si sono già manifestati: l’aumento dei rischi per le rotte commerciali ha portato a un incremento dei costi di navigazione, con molte compagnie che optano per percorsi alternativi e più onerosi attorno all’Africa. Tesla ha addirittura fermato la produzione in Germania, perchè manca la componentistica che doveva arrivare tramite lo stretto di Suez.
Nel frattempo, il prezzo del WTI, il benchmark di New York, ha visto un incremento del 2,4%, toccando quasi i 73,8 dollari, mentre il Brent a Londra si posiziona appena sotto i 79,3 dollari, con un aumento del 2,3%. Si prevede che i prezzi dei carburanti subiranno ulteriori rialzi nei giorni a venire, in linea con le tendenze attuali dei prezzi del petrolio e dei derivati.
Non perderti le ultime notizie e condividi opinioni ed esperienze commentando i nostri articoli:
• Iscriviti ai nostri canali Telegram e Whatsapp per gli aggiornamenti gratuiti.
• Siamo su Mastodon, il social network libero da pubblicità e attento alla privacy.
• Se preferisci, ci trovi su Flipboard e su Google News: attiva la stella per inserirci tra le fonti preferite!