Passeggero omissione soccorso

Il passeggero non risponde del reato di omissione di soccorso

QUANDO IL PASSEGGERO NON RISPONDE DEL REATO DI OMISSIONE DI SOCCORSO A SEGUITO DI INCIDENTE STRADALE CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. PENALE, SENTENZA N. 26888/2019 depositata il 18 giugno 2019 Il conducente di un autoveicolo ed il soggetto trasportato, proprietario dell’autoveicolo, […]

QUANDO IL PASSEGGERO NON RISPONDE DEL REATO DI OMISSIONE DI SOCCORSO A SEGUITO DI INCIDENTE STRADALE

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. PENALE, SENTENZA N. 26888/2019 depositata il 18 giugno 2019

Il conducente di un autoveicolo ed il soggetto trasportato, proprietario dell’autoveicolo, sono stati ritenuti responsabili, in concorso tra loro, del reato di cui all’art. 189, commi 6 e 7 del Codice della Strada, sia in primo grado che in secondo grado, in quanto gli stessi, dopo avere investito in pedone intento ad attraversare, il quale riportava lesioni gravissime, si allontanavano dal luogo del sinistro senza fermarsi e senza fornire indicazioni sulla propria identità.

Venivano condannati alla pena ritenuta di giustizia, entrambi con sospensione della patente di guida per cinque anni.

Il soggetto trasportato e proprietario dell’autoveicolo proponeva ricorso per Cassazione denunciando la violazione della legge penale con riferimento all’art. 189 C.d.S., nonché agli artt. 40 e 43 cod. pen. e 27 Cost., ed il vizio motivazionale.

La Cassazione nell’accogliere il ricorso, preliminarmente affrontava la doglianza relativa alla configurabilità dei reati di cui all’art. 189 commi 6 e 7  C.d.S., a carico del soggetto diverso dal conducente del veicolo:

La lettura delle disposizioni del titolo V del Codice della Strada, relativo alle norme di comportamento, seppure in assenza di definizioni espresse, consente introdurre delle distinzioni tra le diverse categorie.

L’art. 140 C.d.S., dettando il principio informatore della circolazione stradale, si rivolge agli utenti della strada ai quali prescrive di comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione, affinché sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale.

Dalla disposizione può trarsi l’ovvia considerazione, che in armonia con il significato linguistico comune, l’utente è chiunque utilizzi la strada. Cioè colui che “attivamente” ne fa uso.

In siffatta generalissima categoria rientrano sia i conducenti di veicoli sia, come chiarisce la lettura dell’art. 184, i conducenti da animali da soma, da sella, i guardiani di greggi o moltitudini di animali, che pedoni anch’essi destinatari, ai sensi dell’art. 190, di specifiche norme di comportamento. Dunque, non tutti gli utenti della strada sono conducenti di veicoli.

L’art. 189 C.d.S., a sua volta, distingue quattro tipi di figure: l’utente, il conducente, le persone coinvolte in un incidente e le persone danneggiate.

E’chiaro che tra le persone coinvolte in un incidente possono esservi le persone danneggiate e di conducenti, ma non necessariamente i primi rientrano nella categoria dei secondi.

Mentre è possibile che in un sinistro siano coinvolte persone diverse dai conducenti e dalle persone danneggiate.

Ciò che occorre chiarire (…) è se il soggetto trasportato su un veicolo possa essere definito ‘utente’ nell’accezione assegnata al termine dal codice della strada o se rientri in una diversa categoria.

Ora, la lettura del secondo comma dell’art. 189, con cui si prescrive il comportamento da tenere alle persone coinvolte supera il concetto di soggetto attivo della circolazione.

Invero, le persone coinvolte, non necessariamente sono i conducenti, né i pedoni.

Si tratta, infatti, di una categoria più ampia di quella dell’utente, cioè di colui che attivamente utilizza la strada, a mezzo di un’attività (condurre o camminare), ben potendo coincidere con colui che viene trasportato dal conducente.

Il codice della strada solo con l’art. 189, relativo al comportamento in caso di incidente, estende anche coloro che, pur coinvolti, non sono né conducenti, né pedoni, specifiche regole di condotta.

E ciò perché il sinistro stradale è proprio quella situazione che giustifica l’imposizione di norme per la circolazione stradale, quale attività pericolosa che coinvolge la sicurezza delle persone, e che rientra, come enuncia l’art. 1 del medesimo codice, tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dalla Stato. Ecco perché nelle ipotesi di incidente stradale, il legislatore allarga il novero degli obblighi della collaborazione.

Nondimeno, non è prevista dall’art. 189 C.d.S. una parificazione tra tutti i soggetti, poiché con il comma 2 si prescrive a tutte le persone coinvolte, e quindi anche ai trasportati, di “porre in atto ogni misura idonea a salvaguardare la sicurezza della circolazione e, compatibilmente con tale esigenza, adoperarsi affinché non venga modificato lo stato dei luoghi e disperse le tracce utili per l’accertamento delle responsabilità”, agli utenti categoria richiamata dai commi 5,6 e 7 della norma, vengono imposti obblighi ulteriori. E cioè quello di fermarsi (commi 5 e 6, seppur si tratti di condotte diversamente punite a seconda che i danni siano solo alle cose o anche alle persone) e di prestare assistenza alle persone ferite (comma 7).

Proprio dalla differenza tra gli obblighi imposti agli utenti, categoria di cui al comma 1, richiamata dai commi 5,6 e 7, e quelli imposti dal comma 2 alle persone coinvolte, si trae l’intenzione legislativa di limitare per coloro che rivestano un ruolo non attivo, esclusa quindi la conduzione di un veicolo o comunque l’utilizzazione diretta a mezzo di attività quali l’uso pedonale, ad oneri solidamente, ma non penalmente rilevanti, l’intervento in caso di incidente.

Ciò, tuttavia, comporta che non possa richiedersi al “trasportato” l’obbligo attivo di imporre all’utente di ottemperare a quanto prescritto dai commi 6 e 7 della norma, in ordine all’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza, in quanto soggetto che non fa uso attivo della strada, nella condizione di assicurare l’adempimento da parte del conducente.

E’ fatta salva, tuttavia, l’ipotesi in cui emerga un vero e proprio concorso da parte del trasportato nella commissione dei reati di cui all’art. 189 C.d.S., consistente nella sollecitazione alla violazione delle norme o del rafforzamento dell’intento di fuga o di omissione di soccorso, od in qualunque altra condotta volontariamente posta in essere che tende a quel risultato.

Ma ciò dipende dall’azione posta in essere dal trasportato rispetto agli obblighi gravanti sul conducente, non dagli obblighi di cooperazione, definiti dal comma 2 dell’art. 189 C.d.S., che lo riguardano direttamente”.

 Dott.ssa Giovanna Galione

 

 

 

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