Il recente ingresso in vigore del regolamento AFIR (Alternative Fuels Infrastructure Regulation) porta una serie di novità per la mobilità elettrica nell’Unione Europea, ma solleva anche interrogativi critici sulla tempistica e sull’impatto di questa normativa sulle infrastrutture esistenti.
La norma impone l’installazione di sistemi di pagamento elettronico in tutti i nuovi stalli di ricarica per veicoli elettrici, permettendo pagamenti diretti tramite smartphone o carte di credito e debito, senza la necessità di abbonamenti o contratti esclusivi con specifici fornitori. Un’innovazione che, per analogia con i distributori di carburanti tradizionali, sembra scontata, ma che solo ora viene implementata per la ricarica elettrica.
Si tratta senza dubbio un miglioramento per gli utenti, che beneficeranno di maggiore flessibilità e trasparenza, non si può ignorare il fatto che tali disposizioni arrivano con eccessivo ritardo. Per anni, i consumatori hanno dovuto navigare un labirinto di abbonamenti e tariffe poco chiare, limitando la praticità e l’attrattiva dell’auto elettrica per il grande pubblico. Era davvero necessario attendere fino al 2024 per introdurre una regolamentazione così basilare e fondamentale per l’espansione dell’elettromobilità?
Il regolamento AFIR mette in conto agli operatori la miopia della UE, e ci riferiamo a quanto hanno già installato colonnine di ricarica, specialmente quelle di potenza superiore ai 50 kW. Queste dovranno essere aggiornate entro il 1 gennaio 2027 per includere le nuove funzionalità di pagamento e visualizzazione delle tariffe. Un obbligo che implica non solo costi aggiuntivi ma anche possibili disagi durante i lavori di aggiornamento.
C’è poi l’obbligo per ogni Stato di assicurare che le colonnine pubbliche forniscono cumulativamente 1,3 kW per ogni veicolo elettrico a batteria e 0,80 kW per ogni auto plug-in, una misura che mira a garantire un’adeguata capacità di ricarica rispetto al numero crescente di veicoli elettrici.
Gli obiettivi di potenza delle colonnine, con ogni gruppo che deve fornire una potenza di uscita complessiva di almeno 400 kW entro il 2025 e 600 kW entro il 2027, sono particolarmente esigenti e richiederanno investimenti notevoli in tecnologia avanzata e infrastrutture. Questi costi aggiuntivi potrebbero ricadere sui consumatori sotto forma di tariffe di ricarica più elevate o potrebbero richiedere sussidi governativi per mantenere le tariffe accessibili.
Il requisito che la distanza massima tra le stazioni di ricarica lungo la rete TEN-T non superi i 60 km dovrebbe alleviare l’ansia da autonomia dei conducenti e facilitare i lunghi viaggi attraverso l’Europa.
E’ chiaro, per l’ennesima volta, quando poco sappia la UE dei problemi dei cittadini europei, se anche in questa occasione deve mettere una toppa a problemi nati da una decisione scellerata, ovvero quella di puntare alle colonnine piuttosto che al battery swap.
Fonte: Commissione Europea
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