No, non la Opel GT del 2006 – che personalmente non mi è mai piaciuta. Quella esposta a Milano AutoClassica 2021 è la Opel GT prodotta dal marchio tedesco, all’epoca sotto l’ala General Motors, dal 1968 al 1972, la prima sportiva dell’azienda oscurata poi dalla sua erede, la Opel Manta oggi “riscoperta” con la riedizione 100% elettrica.
Si tratta quindi della prima vettura di stampo sportivo e compatto, adatta a (quasi) tutti, pensata da Opel, fino a quel momento marchio di vetture economiche e concrete, senza troppi fronzoli. Da quel momento, di piccole coupé ne abbiamo conosciute diverse, quasi tutte iconiche: più di recente, per esempio, ricordiamo la Tigra, prodotta in due generazioni dal 1994 al 2009.
Una breve storia della prima Opel GT
La prima Opel GT, come detto prodotta dal 1968 al 1972, deriva dalla concept car Mako Shark II, da cui eredita non solo gran parte della linea estetica, ma anche la forma della carrozzeria, chiamata “a bottiglia di Coca-Cola” perché dall’alto ricordava il contenitore della celebre bevanda.
Una forma sinuosa e morbida, con frontale appuntito per merito del motore arretrato, e posteriore corto. Il design era tipico di quel tempo, di chiara ispirazione americana, nonostante la Opel GT fu disegnata e prodotta in Germania.
Ciò si vede sia dallo spoiler posteriore integrato, che emerge dalla carrozzeria; sia dalla doppia linea dell’edizione portata in fiera; sia dai fari anteriori a scomparsa, rotondi e circolari, e da quelli posteriori (rotondi e sdoppiati), entrambi ripresi dalla lontana cugina Corvette C3.
Una vettura, comunque, secondo me molto piacevole, come del resto sono quasi sempre state le Opel un po’ più cattive o votate alla sportività.
Quest’ultima, nel caso della Opel GT, è anche enfatizzata dalle numerose aerografie della carrozzeria, come il logo “GT” nella parte inferiore, nonché dai cerchi. Sopra il lunotto si vedono le feritoie a sfiato per il flusso aerodinamico, mentre d’impatto anche il doppio tubo di scarico.
La Opel GT aveva spazio solo per due persone. Il posto guida era dominato da un grande gruppo che inglobava sia plancia che cruscotto, squadrato, con volante a tre razze e strumenti secondari sulla console centrale. La sportività viene ripresa anche internamente, con i sedili aventi poggiatesta integrato.
Per quanto riguarda i motori, nulla di eccezionale: non una supercar, ma complice la leggerezza abbastanza scattante. Godeva infatti di un propulsore da 60 CV, e da uno da 106 CV, che per l’epoca era molto vicino al concetto di “auto sportiva”.
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