L’Osservatorio Continental su mobilità e sicurezza 2020 è stata un’edizione particolarmente importante, in cui l’azienda produttrice di pneumatici ha invitato due esperti per parlare del veloce e repentino cambiamento di mobilità e sicurezza nei tempi del covid, cercando di rispondere a nuove domani su come la pandemia del 2020 ha cambiato gli Italiani, quali sono i loro nuovi bisogno, le loro paure e le abitudini che ne sono emerse.
Mobilità e sicurezza: come sono cambiati gli italiani
Siamo a Ottobre del 2020, e un anno fa questi discorsi ci sarebbero quasi sembrati affrettati. Certo, eravamo sempre in un periodo di “rivoluzione” della mobilità e delle nostre abitudini, ma tutti (o almeno, la maggior parte) credevamo che sarebbero avvenuti progressivamente. Invece, all’inizio dell’anno è scoppiata la pandemia di un virus, il Covid 19, che probabilmente nel mese di ottobre dell’anno scorso stava muovendo i suoi primi passi nel mondo; una pandemia che ha costretto al lockdown, ha innescato una crisi economica disastrosa e ha cambiato improvvisamente l’andamento della società.
All’’Osservatorio Continental su mobilità e sicurezza, tenuto da Alessandro De Martino (AD di Continental Italia), si è parlato soprattutto della nuova percezione degli italiani riguardo alla mobilità, percezione che si è potuta avere grazie ai dati raccolti e spiegati da Alessandra Ghisleri di Euromedia Resarch, e di Ernest&Young, che si è agganciato a questo discorso per parlare delle nuove strategie dell’industre.
Durante la conferenza, sono emersi con più chiarezza alcuni dati di cui eravamo già a conoscenza già molti mesi fa, e di cui avevamo parlato anche in occasione del lancio della Volvo XC40 Recharge PHEV. L’emergenza Coronavirus ha prima di tutto congelato le aspettative degli italiani, e in particolare di alcune categorie, senza però arrivare in toto come fulmine a ciel sereno, tendendo anzi a rafforzare e accelerare dei trend già in corso: una generale sensazione di paura, ora resa più grande dalla paura del contagio continuamente espressa in una ricerca di normalità. Normalità anche per quanto riguarda la situazione finanziaria: molte persone hanno perso il lavoro, hanno visto ridotto il loro stipendio, hanno dovuto fare la cassa integrazione. Molte anche del settore trasporti: con l’intera società bloccata, e lo smartworking, i mezzi di trasporto (soprattutto quello pubblico locale) hanno letteralmente smesso di funzionare.
Il sentimento di paura e diffidenza emerge soprattutto negli over65: rimane comunque un 47,4% di italiani ancora fiducioso e speranzoso nel ritorno di una situazione di normalità (anche se la maggior parte è concorde che saià almeno a partire dall’estate 2021, con anche chi si spinge fino al 2022), contrastato da un 45,6% di cittadini poco fiducioso, in stato d’ansia. Il ritorno all’automobile che, come vedremo tra poco, è tornata vera protagonista della mobilità degli italiani (non che abbia mai smesso veramente di esserlo, in un Paese a differenza degli altri molto ben “spalmato” tra città ben servite e province con mezzi pubblici inadeguati), ha consolidato anche le paure riguardanti gli incidenti stradali. E questo a fronte di dati molto interessanti su mobilità e sicurezza, che vedono una riduzione del 53% degli incidenti stradali dal 2000 al 2019 in Italia, e una riduzione del 23% riguardante il costo degli incidenti statali sul PIL nel 2019 rispetto al 2000 (17,8 miliardi di euro, pari all’1,05%). Dati contrastanti con il sentimento, e che anzi fanno ben sperare al raggiungimento dell’obiettivo del Paese, che entro il 2050 vuole ridurre a zero la fatalità negli incidenti stradali.
Tre su dieci gli italiani che dichiarano di aver cambiato le loro abitudini di mobilità, con motivazioni che vedono soprattutto la paura dei mezzi pubblici e l’affollamento dei treni, e un 10% anche per paura di uscire di casa. C’è anche hi lo ha fatto perché ha visto ridurre il suo bisogno mobilità: non poche sono le aziende che, anche dopo la pandemia, hanno mantenuto lo smartworking, consapevoli dei vantaggi in primis economici che comporta; e molti, finché possono, sono rimasti alle loro città e regioni d’origine, continuando il fenomeno del southworking. Abitudini che non manterranno per poco, considerando che la quasi totalità degli intervistati (83,2%) ha intenzione di mantenere le nuove abitudini “sicure” almeno fino alla primavera, e il 70 che le vorrebbe mantenere anche quando arriverà il vaccino e i contagi scenderanno a 0.
Mobilità e sicurezza: l’auto torna al centro, ma deve cambiare
Come detto l’auto è tornata ad essere il perno della mobilità italiana. Osservando i dati mostrato da EY durante la conferenza, possiamo vedere una forte divisione tra la situazione pre-covid e la situazione “post” covid (o meglio, post lockdown): se prima c’era una forte crescita del trasporto pubblico locale, e del car sharing a fronte di una netta diminuzione dell’auto, ora invece l’auto è tornata in forte crescita: il 56,7% degli italiani si sposta in auto, ritenendolo il mezzo più sicuro per spostarsi (percezione del 66,6%), un incremento del 22,5% rispetto al 2019, e che vede più donne al volante (61,8%) . Anche se ciò che chiedono gli italiani è una maggiore attenzione per quel che riguarda la sostenibilità. Auto meno inquinanti, e soprattutto più sicure: ci ricolleghiamo qui alla riduzione degli incidenti stradali, che si deve oltre a una maggiore presa di coscienza degli automobilisti anche all’intervento degli ADAS di sicurezza ormai di serie anche su vetture come le segmento A, e con i quali gli italiani stanno imparando bene e progressivamente ad interagire.
In calo i mezzi pubblici, usati da due italiani su cinque e al momento poco apprezzati: solo il 2,7% si sente sicuro ad utilizzarli. Anche il car sharing è in calo, ma dipende dal contesto: l’italiano si sente sicuro a farne uso quando è da solo, meno quando ci sono altre persone. Un dato che si allinea perfettamente con quello riguardante il calo del trasporto pubblico e dell’auto: in auto, per andare al lavoro, si è prevalentemente da soli; nel car sharing e, soprattutto, sui mezzi pubblici, si è a strettissimo contatto con le altre persone.
Significativa la crescita della cosiddetta micromobilità, testimoniata dall’esplosione dei monopattini elettrici, anche grazie ai tanto chiacchierati bonus: un fenomeno che riguarda prevalentemente le città, e che ha dato vita a un business oggi del valore di 8 miliardi, e che si prevede salga a 30 nel 2030. La micromobilità ha visto una crescita meno significativa rispetto alle auto, primo perché appunto fenomeno urbano e secondo perché a livello di mobilità e sicurezza (soprattutto la seconda) destano molte perplessità: specie i monopattini sono considerati pericolosi, non a torto, e tendenzialmente lenti negli spostamenti.
L’auto è, quindi, sinonimo di prudenza e responsabilità ai tempi del coronavirus. Ma deve cambiare: deve essere economicamente ed ecologicamente sostenibile. Tra chi si è dichiarato disponibile all’acquisto di una nuova vettura (32,8%), la maggior parte ha sostenuto che la sua scelta ricadrebbe per una vettura ibrida a benzina, mentre il secondo preferito è l’elettrico e il terzo l’ibrido plug-in. Un dato molto interessante, e per diversi aspetti: prima di tutto a livello energetico, e che vede il diesel alla penultima posizione, davanti solo al metano (penalizzato dalla scarsa diffusione). In secondo luogo a livello demografico: l’ibrido a benzina è infatti il preferito nella fascia d’età sopra i 65 anni, mentre l’elettrico è il preferito tra i 25 e i 44 anni. Significativo anche il dato sulla benzina, che mantiene una buona posizione venendo scelta dal 15,2% degli intervistati, soprattutto under25. Ciò è significativo anche a livello economico: le auto a benzina sono quelle che in assoluto costano meno, e non è un caso che siano quelle scelte dai più giovani che sono anche quelli con il potere d’acquisto più basso (quando non inesistente). Segno che non è vero, come invece si crede, che i giovani non vogliono l’auto, ma semplicemente non possono permettersela: non va dimenticato che l’età media di chi acquista un auto in Italia è sopra i 50 anni!
L’interesse verso l’auto sostenibile è molto forte: nessuno si è dimenticato delle città pulite quando tutti eravamo bloccati in casa. Così come tutti ci siamo accorti che da settembre il traffico urbano, per i motivi di cui sopra, è significativamente aumentato: e anche se la maggior parte dei dati sull’acquisto dell’auto riguardava le province e il Sud Italia (notoriamente con strade più dissestate e meno collegate) anche in città il mezzo di trasporto più usato è l’automobile. Ecco perché serve puntare sia su una messa in sicurezza dei mezzi pubblici, ma anche su auto più sostenibili per contrastare i livelli di inquinamento che non solo sono tornati ai livelli precordi, ma con l’aumento significativo del traffico li hanno addirittura superati. Quello che ci si aspetta dalle amministrazioni cittadine è delle politiche che dimostrino che il proprio comune sia realmente pronto per accogliere cambiamenti sociali, in modo da decongestionare il traffico.
Mobilità e sicurezza stradale
Come detto, in questo 2020 c’è una percezione di minore sicurezza al volante rispetto allo scorso anno: “solo” il 75% dei cittadini si sente sicuro delle sue capacità, contro l’87% del 2019. I più preoccupati sono gli over65, stessa fascia demografica che maggiormente ha cambiato le sue abitudini abbandonando i mezzi pubblici (che fino ad ora preferiva).
Dal rapporto dell’Osservatorio Continental su Mobilità e Sicurezza, emerge che per gli italiani la sicurezza dipende prima di tutto da chi guida, poi dai freni, dagli ADAS, alle cinture e dagli pneumatici. A questi ultimi, il 96,4% dei cittadini (soprattutto del Sud e delle periferie) attribuisce enorme importanza, e più dell’85% dichiara di prestarci molta attenzione.