Chissà se a Milano qualcuno si rende conto di cosa sta succedendo. Ce lo chiediamo ogni giorno, quando vediamo le auto imbottigliate in un traffico “artificiale”. Un termine che non usiamo a caso, visto che questo traffico è stato creato ad arte grazie a restringimenti di carreggiata. Anziché fluidificare il passaggio delle auto, l’amministrazione comunale ha deciso di fare l’esatto opposto, nel nome di un ambientalismo che alla fine danneggia proprio l’ambiente.
Possibile? La chiave dell’errore macroscopico la fornisce l’ex assessore Giorgio Goggi, intervistato da Giordano Di Fiore al su “Il Riformista”. Ecco cosa accade a Milano secondo Goggi. “Nell’ingenua presunzione di ridurre la mobilità si è operato un completo ribaltamento della consolidata tecnica internazionale che vuole che le zone 30 e le piste ciclabili siano poste nelle strade di quartiere, lasciando fluidificate le strade interquartiere e fra le città. Invece sono state poste sulle strade foranee principali, riducendo i calibri utili agli spostamenti in accesso.” In pratica nel resto del mondo si fa in un modo, a Milano si fa l’esatto contrario.
Basterebbero qualche mese di dati pratici per capire che, nonostante le buone intenzioni, disegnare piste ciclabili sui grandi viali di comunicazione non ha portato alcun beneficio. Sappiamo che è difficile ammettere di aver sbagliato, ma diventa ancora più difficile quando c’è qualcuno che incita a fare “ancora di più”, inasprendo blocchi e difficoltà per chi si muove in automobile.
Sul Corriere è apparsa l’intervista ad Anna Gerometta, esponente dei “Cittadini per l’Aria” che evidentemente pensa che la soluzione a tutti i mali dell’inquinamento sia bloccare il traffico. Una serie di affermazioni che lasciano allibiti chi a Milano ci lavora o gestisce attività. Per quanto riguarda Area C, dice infatti: “Accendere le telecamere alle 10 è abbastanza inutile. Chi usa l’auto oggi lo fa per andare al lavoro, ed è difficile che ci vada dopo le 10. E poi manca Area B, e rimettere a pagamento la sosta.” Ma non solo, perché secondo il suo parere bisognerebbe “Individuare alcune direttrici e chiuderle al traffico delle auto per aprirle alle bici e alla mobilità dolce in modo sperimentale. Si potrebbe rendere la circolare della 94 una circolare ciclopedonale. ” Quindi, riassumendo, più Area C, più Area B e parcheggi a pagamento. Che poi in altri termini, decisamente classisti, significa che chi ha i soldi per cambiare auto e pagare il parcheggio può andare avanti a fare come crede, tutti gli altri a piedi.
Un mondo senza auto e una città ad esclusivo utilizzo di chi abita, perché alla fine non è chiaro come potrebbero sostenersi i milanesi senza merci che arrivano da fuori. E, conti alla mano, senza i famigerati pendolari che hanno “assaggiato” lo smart working e che non intendono più passare ore in auto o stipati sui mezzi pubblici. Una bella fetta di attività che lasceranno la città per la gioia dei “Cittadini dell’aria”. Meno pendolari significa meno traffico, buon per loro, ma anche palazzi per uffici vuoti, bar e negozi chiusi per una economia cittadina abituata al movimento, sarebbe la pietra tombale.
Lo dice anche Goggi nella stessa intervista al Riformista: “E’ prevedibile il manifestarsi di una bolla immobiliare e, come già successo nelle grandi metropoli europee, l’impoverimento dell’area urbana e la contemporanea fuga di attività e aziende all’esterno della città, sorte che la storica conformazione urbanistica e produttiva di Milano avrebbe potuto evitare.”
E chissà, quando Milano sarà la città delle bici e dei monopattini elettrici, forse i comuni limitrofi potranno decidere di imporre gli stessi blocchi del traffico, ma in uscita, lasciando i milanesi confinati negli ambiti del proprio territorio comunale.
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