È possibile avere più in comune con qualcuno che vive dall’altra parte del mondo che con chi vive a due passi da te. Tra Italia e Giappone, almeno per quanto riguarda le auto e il design industriale, è così. Mazda è il forse il costruttore nipponico più attento al design, all’estetica delle sue auto. Non che gli altri marchi non lo siano, ma in Mazda c’è una certa attenzione ai dettagli, al creare qualcosa che in quasi tutti i casi faccia esclamare, faccia ricordare le persone di quel dato prodotto.
Questo è anche merito della lezione che i designer dell’azienda hanno imparato dalle grandi firme italiane, Bertone in primis, che sin dagli anni Sessanta collaborano con questo piccolo marchio, che però molto ha innovato nella storia.
Il restauro della concept car Mazda MX-81 Aria, una delle più significative della storia del marchio, insieme al centenario dell’azienda, arrivato nel 2020, e al lancio della MX-30, hanno fatto da pretesto per raccontare la lunga collaborazione tra i designer italiani e i tecnici giapponesi, lunga e ricca di successi.
La storia inizia nel 1960, al Salone di Torino: qui, Hideyuki Miyakawa, destinato a diventare grande in Mazda e nell’automotive, incontra un Giorgetto Giugiaro poco più che ventenne, e già a capo di Bertone. Qui incontra Maria Luisa “Marisa” Bassano, appassionata di auto e di Giappone, e infatti interprete di giapponese.
I due si innamorano, tanto che Miyakawa viene ben accolto in casa. Marisa parte per il Giappone, a completare gli Studi, e quando poco tempo dopo Miyakawa lascia l’ospitalità dei Bassano per andare a trovare Marisa a Hiroshima, incontra l’allora Presidente di Mazda, Tsuneji Matsuda, figlio del fondatore dell’azienda, Jujiro. E con lui dà inizio alla lunga collaborazione con l’azienda. Ma nel suo soggiorno torinese Miyakawa aveva capito l’importanza, anche strategica, di rimanere nel Bel Paese. Decide di tornare a Torino non solo per gli affetti, ma anche perché la metropoli era sede dei tre più importanti atelier di design automobilistico in Italia, e tra i più importanti al mondo: Bertone, Ghia e Pininfarina.
Prima e dopo la Mazda MX-81
È con Bertone che si forma il rapporto più intenso. Lo studio, tramite le mani di Giugiaro, disegna la Mazda Familia, il cui debutto è avvenuto nel 1963. Una compatta familiare di design, anche se non votata alla sportività, a cui fanno seguito una variante berlina e la coupé del 1965.
Un successo senza precedenti, per Mazda: la Familia vende 400.000 esemplari tra il 1963 e il 1968. Giugiaro crea poi anche altre vetture del marchio, compresa la Mazda Luce, lanciata nel 1966 e prima Mazda ad essere esportata in Europa, nonché la prima a rendere l’idea del forte legame tra l’azienda nipponica e il design.
Nel 1981, però, viene presentata la concept car che più di tutte segna il rapporto tra l’Italia e il Giappone: la Mazda MX-81 Aria. Giugiaro era nel frattempo andato a lavorare per Ghia, ma questo non ha fermato Bertone, tramite Marc Dechamps, dal realizzare un’auto innovativa, che è stata in grado di catalizzare l’attenzione su di sé al Salone di Tokyo di quell’anno.
E come biasimare gli spettatori: un’auto a cuneo, già questo simbolo di Bertone, che si fece notare per la parte superiore completamente il vetro, che suggeriva un abitacolo luminoso e, appunto, arioso. La prima Mazda a debuttare con la sigla “MX”, ovvero “Mazda eXperimental“, tipica di tutte le vetture innovative, avanguardistiche e di sfida del marchio. È la sigla della MX-5, un azzardo per Mazda ma oggi in assoluto la roadster più venduta di sempre. È la sigla della MX-30, prima elettrica del marchio e, dunque, un’ulteriore sfida.
Dopo il debutto al Tokyo Motor Show, la Mazda MX-81 è protagonista di uno shooting in Piazza Duomo a Milano, che non a caso è staro replicato di recente insieme alla MX-30, che può essere una sorta di erede moderna della Mazda MX-81.
La vettura era una concept car decisamente avanti per i tempi, e infatti aveva elementi decisamente “eccedenti”, nel senso di impossibili da portare alla produzione in serie. Se la Mazda 323 F riprende alcuni particolari, come l’anteriore schiacciato e le luci a scomparsa (cosa che riprenderanno anche MX-5 e RX-7), non si poteva pensare di produrre in grande scala il vero elemento distintivo della MX-81: il volante a cintura.
La MX-81 non ha infatti una colora circolare, ma un cingolo di tasselli di plastica uniti tra loro in modo flessibile, insieme al sistema di sterzo servoassistito, tutto intorno al quadro strumenti rettangolare, con al centro un display a colori. Naturalmente, per quanto moderno, era una sorta di mini TV a tubo catodico, lontanissima dalle tecnologie TFT o OLED dei tempi odierni. Ma era comunque una cosa mai vista in quel periodo.
La conferma che la MX-81 fosse in anticipo sui tempi arriva con lo sviluppo della guida autonoma di livello 4 e 5: sono molti i produttori che approfittano di queste tecnologie per ridisegnare il volante, e non a caso va molto il volante rettangolare con strumentazioni digitali incorporate.
Il restauro
Apprezzata in tutto il mondo, un’altra cosa che ha distinto la Mazda MX-81 è il suo destino: non è stata smantellata, come invece accade per (quasi) tutte le concept car. Nel febbraio del 2020 è stata infatti “ritrovata” nel magazzino di Fuchizaki, e da lì portata nel quartier generale di Hiroshima, venendo sottoposta a un’approfondita analisi della parte meccanica. Il motore è stato smontato, e ne sono state ripristinate tutte le parti, mentre freni e sterzo sono stati completamente restaurati. Questo ha permesso di testarla in pista e rimetterla in moto dopo 39 anni.
La seconda fase del restauro, quella estetica, non poteva che avvenire a Torino. A inizio marzo 2020 la vettura è salpata dal Giappone, per arrivare prima in Belgio e poi in Italia. Ci hanno pensato gli artigiani di SuperStile, una realtà nata nel 2015 che collabora coi principali centri stilistici, a restaurare ogni componente estetica della vettura.
La scelta è stata quella di operare in modo conservativo, preservando i materiali originali. Sono stati lasciati i segni del tempo, mentre gli artigiani hanno restaurato la verniciatura, riportando la lamiera allo stato originale e dandole poi un colore identico a quello dell’epoca, dopo aver scansionato in più punti in colore e confrontato, per replicarlo fedelmente.
La pelletteria interna è stata ripulita dall’umidità, mentre la vetrata delle fanalerie è stata completamente rifatta, cosa che ha permesso di ripristinare il meccanismo dei fari a scomparsa.
Oggi il rapporto stilistico tra il Giappone e l’Italia è meno evidente, ma c’è. Ikuo Maeda, a capo del design di Mazda dal 2010, quando si è preso la responsabilità di unificare e riprogettare lo stile di Mazda ha infatti pensato proprio a Bertone e ai successi ad esso legati. Fondamentalmente, Maeda ha capito dal rapporto con l’Italia che serve guardare sia al design che alla tecnologia. La carrozzeria non dev’essere solo “un abito”, ma parte integrante di ogni componente dell’auto.
Il design, scolpito e sinuoso, aerodinamico e pulito, deve essere espressione della capacità tecnologica e stilistica del marchio. E non a caso, per quanto diverse, le Mazda moderne hanno imparato molto da quelle progettate da Bertone e Giugiaro.