Esposta a Milano AutoClassica in un raffinato e molto raro viola cangiante, disegnata dal celebre Marcello Gandini, uno dei maggiori designer italiani più apprezzati per le auto ma non solo, la Lamborghini Diablo è divenuta fin dal suo debutto una delle Lamborghini più iconiche e apprezzate di tutti i tempi, una youngtimer molto ricercata che ha contribuito a rafforzare il prestigio dell’azienda del toro.
Lamborghini Diablo: una leggenda che nasce da una leggenda
Anche chi non conosce bene il mondo Lamborghini sa che tutti i nomi delle vetture dell’azienda emiliana, così come il suo stesso simbolo, derivano dai tori e dal contestato mondo della corrida. Questo modello non fa eccezione: il nome infatti si lega a El Diablo (“il Diavolo”, in spagnolo) un toro leggendario del XIX Secolo così chiamato per la sua ferocia dovuta all’allevamento del Duca di Veragua (oggi Repubblica di Panama, allora parte del Vicereame spagnolo) che si scontrò nel 1869 con El Chicorro, nome assegnato al torero José De Lara.
Il nome di una leggenda così importante nel mondo della corrida non è stato scelto a caso: la Lamborghini Diablo nasceva per essere feroce e potente, più indomabile di qualsiasi altra Lamborghini mai prodotta fino a quel momento. Il progetto nasce nel 1985 ed è destinato ad essere l’erede di un’altra grande emiliana, la Lamborghini Countach che in quell’anno era sul mercato da ben 11 anni. L’auto, con qualche modifica del disegno originale di Gandini in seguito all’acquisizione di Lamborghini da parte di Chrysler, inizia la sua produzione nel 1990 e porta con sé tutte le caratteristiche di quel toro leggendario.
Parliamo infatti della prima Hyper Car ad avere una versione a quattro ruote motrici, e di un’auto con motore V12 a 5,7 litri capace di erogare 492CV e con una coppia di 580 N/m, per una velocità massima di 325km/h: prestazioni che la rendevano la vettura autostradale più veloce del mondo, superata solo a metà anni Novanta dall’arrivo di McLaren F1.
Lamborghini Diablo: estetica in continuità con il passato
Esteticamente, le forme della Diablo riprendevano quelle della Countach che andava a sostituire, anche perché il suo layout era considerato ottimo per la versione a quattro ruote motrici. Come tutte le Lamborghini, comunque, anche la Diablo si faceva notare per le sue forme originali ed eccentriche, specie se paragonate alle forme più classiche e tradizionali delle Ferrari 512 Testarossa e Ferrari 550 Maranello. Diversi i materiali utilizzati: acciaio per il tetto, alluminio per le portiere con apertura ad ali di gabbiano, per i passaruota, mentre spoiler, cofano e fasce sottoporta erano realizzati in fibra di carbonio.
Rispetto alla Countach, tuttavia, era meno esagerata e questo si deve al fatto che Chrysler, una volta entrata in possesso dell’azienda, ritenne il disegno originale del designer troppo esagerato e chiese quindi di sistemarlo e ridurne l’eccentricità. Ma nonostante questo, complice anche le dimensioni, la forma squadrata in netta controtendenza con le linee morbide e tondeggianti degli anni Novanta, e il colore viola del modello esposto a Milano AutoClassica, Lamborghini Diablo è stata in grado di farsi notare e di non passare per niente inosservata.