Il settore automobilistico italiano sta affrontando numerose difficoltà nella transizione verso l’elettrificazione. Secondo il rapporto pubblicato dal Ministero del Tesoro, i costi elevati dei mezzi elettrici, una rete di ricarica elettrica ancora insufficiente e problematiche legate all’autonomia e ai tempi di ricarica rappresentano le principali sfide per il comparto.
A peggiorare la situazione è la scarsa diversificazione nella produzione nazionale: attualmente, in Italia, viene realizzato un solo modello elettrico di massa. Questo limita il ruolo del Paese nella futura mobilità sostenibile, mettendo in discussione la competitività dell’industria nazionale.
Non solo, perchè progetti legati alla produzione di batterie procedono a rilento. Il piano per la gigafactory di Termoli è fermo, mentre i progetti Italvolt e Terevola non mostrano avanzamenti concreti. E forse è meglio così, visto che i cinesi di CATL e BYD sfornano novità e frantumano record tecnologici ogni sei mesi.
Le kei car come modello per una svolta elettrica
Tra le soluzioni proposte dal Governo, ma l’avevamo suggerito anche noi in tempi non sospetti, emerge l’idea di adattare il modello delle kei car giapponesi al mercato italiano ed europeo. Questi piccoli mezzi, compatti ed economici, hanno rivoluzionato la mobilità urbana in Giappone negli anni ’50 e ’60. Con dimensioni ridotte e batterie di piccola capacità, le kei car rappresentano un’opzione sostenibile e versatile per gli spostamenti cittadini.
Secondo il rapporto, la produzione di microvetture ispirate alle kei car consentirebbe di abbattere i costi di produzione, promuovere il battery swapping e ridurre la dipendenza da infrastrutture di ricarica complesse. Questo approccio potrebbe combinare i vantaggi delle citycar con quelli dei quadricicli elettrici, offrendo un’alternativa economica per la mobilità quotidiana.
Non si tratta di un’idea bizzarra quanto potrebbe sembrare in un primo momento, visto che anche Luca De Meo al Salone di Parigi aveva prospettato una kei car europea su piattaforma multinazionale, capace di rilanciare il settore elettrico nel Vecchio Continente. Sempre a livello europeo, si auspica comunque una normativa armonizzata che definisca standard comuni per queste vetture, favorendone la diffusione in tutto il continente. Questo tipo di iniziative potrebbe anche rilanciare il settore delle citycar, un segmento dove l’Italia ha perso terreno negli ultimi anni.
Un piano strategico per il futuro
Il rapporto sottolinea la necessità di un piano strategico nazionale che tracci obiettivi chiari e strumenti operativi per sostenere l’industria automobilistica italiana nel passaggio all’elettrificazione.
La creazione di un’alleanza industriale europea, ispirata al modello Airbus, potrebbe essere davvero l’elemento fondamentale per produrre mezzi urbani elettrici competitivi e rispondere alle richieste di un mercato in continua evoluzione.