A distanza di 17 anni dalla famigerata recensione della Tesla Roadster, Jeremy Clarkson rompe il silenzio e torna a parlare della vicenda che lo ha visto al centro di una querelle con Elon Musk.
All’epoca, nel 2008, il conduttore di Top Gear criticò aspramente la sportiva elettrica americana, parlando di guasti, freni surriscaldati e poca affidabilità. Tesla lo portò in tribunale per diffamazione, ma perse.
Oggi Clarkson si sente pienamente vendicato, come ha raccontato nella sua pungente rubrica sul Sunday Times.
“Il corpo di Musk è passato davanti al mio fiume”
La metafora è netta: Clarkson ha aspettato sulla riva del fiume “per vedere passare il corpo” di Musk, simbolo della sua caduta. Secondo lui, Tesla è ormai rifiutata anche da chi la idolatrava, con prezzi dell’usato in picchiata e un progressivo allontanamento da parte del pubblico più progressista.
“Gli eco-hippie lo adoravano, ora si vergognano delle sue auto”, scrive ironicamente, prendendo di mira la sinistra americana che ha scaricato Musk non per problemi etici o industriali, ma perché si è avvicinato a Donald Trump.
“Non bruciate le Tesla: non è colpa dei dipendenti”
Nonostante le stoccate, Clarkson difende – parzialmente – la stessa Tesla:
“È una grande azienda, con 125.000 dipendenti. Non è giusto che qualcuno con le ascelle pelose e senza lavoro dia fuoco alle sue auto.”
Critica invece l’atteggiamento estremo dei suoi detrattori, definendoli più zelanti di qualsiasi altra categoria politica, e attribuisce il declino dell’immagine di Musk a un ribaltamento ideologico da parte di chi prima lo venerava.
“La recensione era giusta, l’auto si è rotta davvero”
Clarkson ribadisce che la sua recensione del Roadster non era falsa, e che l’auto si è realmente guastata durante le riprese. Accusa Musk di averlo attaccato per difendere la reputazione del marchio e, con l’usuale sarcasmo, afferma:
“Avrei dovuto denunciarlo io, ma temevo che mi chiamasse pedofilo.”
Una chiara allusione al caso di Vernon Unsworth, il sub britannico che Musk insultò pubblicamente dopo i soccorsi nella grotta in Thailandia, e che poi lo portò in tribunale per diffamazione.
Una vendetta tardiva, ma soddisfacente
Per Clarkson, la vera ironia è che Musk sia stato “beccato e logorato dalle stesse persone che l’avevano messo su un piedistallo”. E il piacere nel vedere crollare l’immagine di un personaggio idolatrato in modo acritico è evidente.
Con la sua solita miscela di sarcasmo, provocazione e osservazioni pungenti, Clarkson ci ricorda che anche le icone dell’innovazione possono perdere il loro smalto, soprattutto quando a cedere non è la tecnologia, ma la fiducia di chi un tempo le sosteneva ciecamente.
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