I problemi di Polestar non sembrano essere finiti. E l’unica soluzione positiva, secondo alcuni analisti come Peter Wells, professore di economia e direttore del Centre for Automotive Industry Research all’Università di Cardiff, è che ritorni ad essere una famiglia di auto sportive all’interno della gamma Volvo.
Una decisione che del resto avevamo auspicato anche noi, non avendo mai pienamente compreso la scelta di rendere Polestar un marchio indipendente se, alla fine, ha ancora tutto in comune con Volvo, dal design al tipo di vettura proposta, solo leggermente più sportiva.
E ora, con i problemi economici in corso da tutto il 2024, Geely ha già deciso di prendersene la maggior parte dele azioni, lasciando a Volvo il 18% per evitare che ne venisse condizionata, e di sostituire il CEO Thomas Ingenlath, che si è dimesso il 27 agosto 2024 a fronte di perdite di 1,46 miliardi dollari anche a causa della crisi del mercato elettrico soprattutto in Germania, con qualcuno che ha già avuto a che fare con marchi in difficoltà, ovvero Micahel Lohscheller e in passato alla guida di Opel. Ma potrebbe non bastare.
Non sono tutti Cupra
La storia recente ha visto numerosi nuovi marchi automobilistici nascere da una costola di aziende storiche, di cui prima rappresentavano una famiglia speciale di veicoli, più prestigiosa o dal particolare successo. Ma solo Cupra ha avuto successo e, anzi, è riuscita a superare per vendite e reputazione la stessa Seat, di cui prima rappresentava la divisione sportiva.
Cupra è l’unione di Cup Racing, e il suo successo è dovuto a un’identità ben precisa che è stata studiata al suo lancio: nonostante nemmeno Volkswagen ci credesse, questa estetica così decisa, con alti contrasti, colori specifici e una community delineata chiamata Tribe, Cupra è riuscita a distinguersi con Seat, e a rappresentare un’alternativa sportiva più giovanile, contemporanea ed economica di Audi, di cui pure ha sfruttato alcuni motori, ma anche della gamma R o GTI di Volkswagen. E questo, nonostante per i primi anni le Cupra fossero delle Seat pesantemente modificate, quasi in stile Abarth, e solo ora abbiano un design dedicato.
Gli altri esempi, non si possono considerare un successo. L’allora FCA per esempio aveva scorporato SRT da Dodge, marchio già nato sportivo, per farne un’azienda di auto ancora più sportiva: e infatti la celebre Viper per un periodo è stata venduta a marchio SRT, durato appena due anni, dal 2012 al 2014, a causa di un’accoglienza molto fredda. La chiusura definitiva, però, avverrà nel 2021.
PSA, invece, ha scorporato e creato il marchio DS Automobiles, prima una famiglia di veicoli di fascia alta all’interno della gamma Citroën. DS Automobiles ha avuto molteplici ostacoli: uno sviluppo tardivo delle vetture nuove, in generale auto poco convincenti per il pubblico di riferimento, e la nascita di Stellantis. Se all’interno di PSA, che non aveva un marchio in grado di competere con BMW, Mercedes e Audi, per cui nella strategia del gruppo francese aveva senso. Con la nascita di Stellantis, però, c’erano già Alfa Romeo e Maserati, oltre che Lancia stessa, e il management del nuovo gruppo ha scelto di mantenere tutti e quattro i marchi. DS, quindi, ha perso di potenza e ancora non è riuscita a imporsi pienamente sul mercato, e infatti fa parte di quei marchi a rischio all’interno del gruppo.
Nel caso di Polestar le cose sono ancora diverse. Geely ha infatti deciso di scorporare una divisione sportiva di un marchio premium, lanciando come prima auto un’hypercar davvero interessante, la Polestar 1, in origine una concept car Volvo; e poi inspiegabilmente abbandonando l’idea di avere un marchio automobilistico che andasse sullo stesso segmento di Porsche e Maserati, proponendo quindi auto elettriche di fascia medio-alta, con qualche elemento di spicco, ma poi non così distanti né per estetica né per funzioni dalle Volvo stesse. Non solo, andando poi a creare altri marchi dello stesso stile: Zeekr, Smart e via dicendo. Inutile dire che, a parte Zeekr in Cina, solo Volvo sta performando bene, forte della sua storia e della sua reputazione.
Polestar, in effetti, ha avuto un inizio positivo, tanto che in paesi come la Danimarca e la Norvegia la berlina Polestar 2 è molto diffusa e ha venduto bene. Dalla fine del 2023, tuttavia, le cose sono cambiate.
Il futuro di Polestar
Come riportato da Wired US, Andy Palmer, ex COO di Nissan ed ex CEO di Aston Martin Lagonda, “Operare come un marchio separato è estremamente costoso. Hai enormi costi di marketing senza avere economie di scala“. Figurarsi se tutti quelli di Geely sono marchi creati da zero, o quasi. Anche Smart è passata da creare un’auto ultracompatta, apprezzatissima in Italia, a proporre una nuova, ennesima gamma di SUV elettrici premium. Ciò significa dover fare tante campagne per farsi conoscere, con risultati di vendita inizialmente non altissimi.
Palmer continua, poi, confermando anche le nostre impressioni: “Penso che la maggior parte delle persone nel settore veda Polestar come la versione elettrica di Volvo, quindi averla come marchio separato non ha alcun senso“. Almeno per ora, aggiungiamo noi. Se Polestar tornasse a fare auto più prestazionali, e con le Polestar 2 BST e Polestar BST Concept ha dimostrato di saperlo fare, sarebbe molto più interessante.
Parlando del suo futuro, dopo che Volvo ha tagliato i suoi investimenti nel marchio a inizio 2024, Polestar è riuscita a ottenere un prestito di 950 milioni di dollari in 3 anni da un consorzio di banche con a capo BNP Paribas, e a fine agosto 2024 ha raccolto altri 300 milioni di dollari sotto forma di prestito a termine rotativo di un anno. Un enorme finanziamento salvavita, ottenuto da Ingenlath e che ora dovrà portare avanti Michael Lohscheller.
Lohscheller è un veterano dell’automobile, in carica dal 3 settembre e che lavorerà insieme a Jean-Francois Mady, il nuovo Chief Financial Officer ed ex Senior VP of Global Accounting Operations and Finance Trasformation di Stellantis.
Mady sostituisce Per Ansgar, che a fine agosto aveva detto agli investitori che, seppur il prezzo delle azioni di Polestar sotto 1 dollaro non fosse ottimale, “con l’aumento delle consegne e delle vendite di Polestar 3 e Polestar 4, e il continuo buon feedback dei clienti, il prezzo delle azioni dovrebbe salire sopra un dollaro“. Ora, l’obiettivo di Lohscheller e Mady è di rendere Polestar “un successo finanziario“, obiettivo già di per sé complesso, e ancora più arduo in un contesto dove la domanda di veicoli elettrici, e Polestar produce solo quelli, continua a dominuire nei principali mercati europei a parte la Francia.
Dalla sua, però, Polestar ha che a differenza della Polestar 2, prodotta in Cina e soggetta a dazi del 19% come tutto il gruppo Geely, le nuove Polestar 3 e Polestar 4 sono prodotte rispettivamente negli USA (North Carolina) e in Corea del Sud, e questo potrebbe avvantaggiarla nei confronti di molte rivali.
Secondo molti del settore, la sistituzione di Ingenlath è già di per sé positiva. Ingenlath è un designer automobilistico, definito “un esperimento coraggioso”. Secondo Palmer, però, “avere dirigenti con esperienza nel settore automobilistico che capiscano il finanziamento e la produzione di veicoli è in un certo senso obbligatorio“. Una lezione che Geely sembra aver imparato due volte, dato che anche Lynk & Co, altro marchio in joint venture con Volvo e più in salute di Polestar, ha visto sostituire il suo CEO e fondatore Alain Visser con Nicolas Lopez Appelgren e con la sua lunga esperienza nella stessa Volvo.
Ad ogni modo, le nuove assunzioni potrebbero non servire. Da una parte c’è la saturazione del segmento premium, tanto che Palmer crede che “vedremo fallire molte case automobilistiche, in particolare quelle che operano nel segmento premium“, perché ormai ce ne sono troppe. Dall’altra, non risolve il problema dell’identità separata da Volvo che i consumatori non riescono a capire. Citandoancora Peter Wells, il nuovo team esecutivo “deve decidere se manterrà il marchio separato o ridurlo a un sotto-marchio“, un po’ come la gamma Ioniq di Hyundai o, rimanendo da Geely, la gamma Galaxy di Geely Auto, inizialmente pensata come ennesimo marchio indipendente, e poi saggiaente reso un sotto-brand di Geely Austo stessa.
Fonti: Wired US, Berlingske