Carlos Tavares Stellantis

Il declino dell’industria automobilistica italiana: la soluzione è attrarre nuovi costruttori

Nonostante le promesse di Carlos Tavares la produzione automobilistica italiana è in calo costante. Quali sono le cause di questo declino e le possibili soluzioni per recuperare il terreno perduto.Nonostante l’ottimismo manifestato da Carlos Tavares, CEO di Stellantis, riguardo il […]

Nonostante le promesse di Carlos Tavares la produzione automobilistica italiana è in calo costante. Quali sono le cause di questo declino e le possibili soluzioni per recuperare il terreno perduto.

Nonostante l’ottimismo manifestato da Carlos Tavares, CEO di Stellantis, riguardo il futuro dell’industria automobilistica italiana, con una promessa di raggiungere la produzione di un milione di veicoli entro il 2030, la realtà attuale del settore racconta una storia ben diversa. Nel 2023, la produzione di Stellantis in Italia si è attestata a soli 521.842 automobili, cifra che risulta ancor più modesta se confrontata con i piani ambiziosi del manager portoghese.

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Image: Stellantis

Il declino della produzione automobilistica italiana non è un fenomeno recente, come racconta anche Il Sole 24 Ore. Già dalla fine degli anni ’90, opportunità significative sono state trascurate, come nel caso di Toyota che, di fronte all’indifferenza del governo italiano, scelse la Francia per la produzione della Yaris. Tutta da riconsiderate invece la questione Alfa Romeo, che poteva finire in mano agli americani di Ford. Non sappiamo come sarebbero potute finire le cose, ma se pensiamo che il periodo più buio di Jaguar Land Rover e di Mazda coincise proprio sotto la gestione del gigante di Detroit, probabilmente la sorte per Alfa non sarebbe stata molto differente.

Quali sono le auto prodotte in Italia?

Jeep Compass
Image: Stellantis

Oggi, la realtà industriale di Stellantis in Italia si limita a poco più di una decina di modelli in produzione. Certo, c’è sempre la Panda, la 500 elettrica, le Jeep Compass e Renegade, oltre alle Alfa Romeo. E, fenomeno di nicchia ma ad altro reddito, la nicchia delle supercar.

Da notare il fenomeno, se possiamo così chiamarlo, dell’assemblaggio o importazione quasi finita di modelli cinesi, come per i marchi di DR Automobili e per il più recente caso Cirelli.

Non sorprende invece la recente decisione di limitare la partnership di Stellantis con il produttore cinese Leapmotor alla sola commercializzazione dei modelli e non alla produzione in Italia. Ne avevamo parlato settimane fa: il progetto era possibile solo per chi non si intendeva di questioni economiche ed industriali.

C’è poi da dire che la stessa Stellantis, sembra orientarsi sempre più verso la produzione in Paesi dove i costi di manodopera sono significativamente inferiori, come Polonia, Spagna e Marocco, riducendo così la produzione in Italia a modelli o di nicchia. Anche il talento italiano ha subito un’esportazione, con tante figure chiave che hanno lasciato la ex FCA ed il nostro Paese. Caso simbolo Luca de Meo ora è nientemeno che CEO di Renault.

La dipendenza italiana da Fiat e Stellantis

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Image: Yayimages

La dipendenza storica dell’Italia da Fiat, ora Stellantis, rappresenta un elemento centrale nella narrazione dell’industria automobilistica del paese. Questo legame ha plasmato l’identità manifatturiera italiana, ma ha anche contribuito ad una certa vulnerabilità, soprattutto quando le strategie aziendali hanno iniziato a privilegiare altri mercati o modalità produttive più economiche.

Il ruolo della politica in questo scenario è cruciale. È necessario che i governi, tanto a livello nazionale quanto locale, intraprendano azioni concrete per rendere l’Italia un ambiente più attraente per gli investimenti esteri nel settore automobilistico. Questo potrebbe includere incentivi fiscali, sostegni finanziari per la ricerca e lo sviluppo, e la creazione di un contesto normativo più favorevole all’innovazione e alla sostenibilità.

Inoltre, una strategia efficace dovrebbe mirare a diversificare il panorama industriale italiano, attirando costruttori che possano portare nuove competenze, tecnologie avanzate e modelli di business innovativi. È fondamentale che l’Italia non si appoggi unicamente sulle sue glorie passate ma che lavori per costruire un settore che possa competere a livello globale, valorizzando le competenze di alto livello che il paese può offrire.

Il tempo a disposizione non è illimitato, e la velocità con cui la politica riuscirà a rispondere a queste sfide sarà determinante per definire il futuro dell’automotive italiano. Solo con un impegno rapido e coordinato, l’Italia potrà aspirare a riconquistare una posizione di rilievo nella mappa mondiale della produzione automobilistica.

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