Non siamo noi a dirlo, ma Miles Nürnberger, ex Capo del Design in Aston Martin che, dopo 14 anni nell’azienda britannica, da giugno 2021 ha assunto lo stesso ruolo proprio in Dacia, il marchio romeno del Gruppo Renault famoso per le sue auto “intelligenti”, che offrono il giusto al giusto prezzo.
Una scelta che a molti potrebbe risultare incomprensibile, la sua, quasi quanto la frase: passare da Aston Martin a Dacia non significa solo cambiare gruppo automobilistico, ma anche tipologia di auto, target, pubblico e percezione che le persone hanno delle auto. Ma forse, proprio con lui Dacia potrebbe cambiare ancora?
Le nuove prospettive per Dacia
L’azienda romena è del resto destinata a fare grossi cambiamenti. Già rispetto a dieci anni fa le sue auto sono molto diverse, e la stessa Sandero da noi provata di recente ha dimostrato, nella sua terza generazione, di essere matura, affidabile e concreta, con tutta la tecnologia che serve e con un design per la prima volta convincente. Sul Duster, poi, Nürnberg ha ragione: non che ci sia nulla da paragonare alla 911, a partire dal fatto che la vettura Porsche è una coupé, quella Dacia un SUV. Ma in poco tempo, il Duster ha saputo diventare iconico, come la 500 per Fiat per intenderci, tanto che nell’ultimo restyling (anche questo da noi provato) il logo “Duster” è ancora più visibile rispetto a prima e più presente rispetto allo stesso logo Dacia.
Ma oltre a questo, nel futuro il marchio cambierà ancora. A partire dal logo, che è stato cambiato e che da qui al 2024 sarà introdotto su tutte le vetture. Nel 2021 ha lanciato la Spring (qui il perché ci è piaciuta molto), la sua prima auto elettrica, mentre nel 2023 dovrebbe arrivare la sua prima ibrida, nell’ottica di un processo di “democratizzazione” delle auto elettriche, sostenuto da De Meo e in linea con un’azienda che, da quando è in Renault, ha l’obiettivo di “democratizzare” l’auto per renderla accessibile a tutti.
Ma cosa spinge una persona con l’esperienza di Nürnberg, autore di vetture come Aston Martin DBX, la splendida Valkyrie o V12 Speedster, a lasciare un mondo quasi onirico per piombare nella realtà, e a Dacia? “Mio padre vive nei Pirenei francesi” – ha dichiarato nella sua intervista a Top Gear. “Vive li da tanto, ben prima che Dacia arrivasse in Inghilterra. Vedevo le auto quando lo andavo a trovare e ho sempre pensato che fossero davvero fantastiche. Hanno una natura essenziale per loro, questa ‘sensazione vera’ all’aria aperta“.
Ed è lui stesso a notare i cambiamenti fatti negli anni: “Penso che si possa vedere come è cresciuto. Per me ruota particolarmente intorno al Duster. Quell’auto ha davvero cambiato l’immagine del marchio, e gli ha dato questa qualità leggendaria. Questa sarà una grande frase: il Duster è la 911 di Dacia. Lo spirito, la raggiungibilità, la robustezza – tutto ciò che riguarda Dacia è completamente amplificato nel Duster“.
Disegnare per pochi, disegnare per molti
Cosa potrebbe cambiare ora che Dacia si è accaparrata un designer di tutto rispetto? Sicuramente, se già abbiamo visto un cambiamento in meglio nell’estetica delle auto romene, accomunate oggi dalla Y-Shape introdotta proprio con la nuova Sandero ma presente anche su Spring e Duster, è molto probabile che nel futuro lo stile di queste vetture potrebbe apparire ancora più piacevole.
Secondo me, la sfida più grande per Nürnberger è quella di migliorare lo stile di Dacia, senza stravolgerne la missione. Ammetto che mi dispiacerebbe se Dacia prendesse una direzione che già altri marchi in passato hanno intrapreso, passando da vetture per tutti a vetture più “chic”, e quindi più costose.
In generale, vediamo già un aumento dei prezzi anche nei più blasonati marchi generalisti, nonché quasi tutti i nuovi marchi di nuova fondazione puntare al segmento medio-alto. È un bene che il Duster sia divenuto iconico in così poco tempo, ma credo che proprio questa sua riconoscibilità e iconicità verrebbe persa, se puntasse più all’estetica e meno alla sostanza, che invece è un po’ il mantra delle auto Dacia.
Oltre a questo, penso che la difficoltà per un designer che per 14 anni ha lavorato nel lusso sia proprio quella di approcciarsi a un’azienda essenziale e concreta, priva di fronzoli, come Dacia. Le Aston, come la maggioranza delle auto di quel segmento, hanno un’estetica molto ricercata, spesso divisiva come la Valkyrie, ma si nota il tocco dell’artista, se così vogliamo chiamarlo. Per marchi come Dacia, è quasi il contrario: non che non ci sia un tocco (c’è quasi sempre un concept da cui nasce poi uno stile di serie, come nel caso della Spring), ma ovviamente si parla di produzione di massa e di numeri produttivi ben più alti. È effettivamente curioso vedere questi due mondi che, in questo caso, si uniscono.
“In realtà non mi sarei mai immaginato in un marchio di auto sportive quando ho iniziato il mio viaggio per diventare un designer. In qualche modo la natura più essenziale del design del prodotto di Dacia era molto attraente” – ha continuato il designer. “Avevo offerte per altri posti, ma penso che tu faccia del tuo meglio quando è difficile, e per me Dacia è una sfida. Devi essere davvero frugale in quello che fai, anche se in realtà in molti modi dovevi esserlo anche in Aston. […] Plastica era una brutta parola in Aston Martin, ma qui è qualcosa che si assapora davvero. Mi piace molto la plastica e cosa puoi fare con essa. È un materiale incredibile e in continua evoluzione. Era una passione che non avrei mai potuto esplorare in Aston, semplicemente non era il marchio, ma qui è fantastico tornare in esso, in particolare ora con idee di riciclabilità ed economia circolare“.
Io, invece, ammetto di non essere mai stato così curioso di scoprire il futuro di Dacia.
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