Come immaginavamo, la risposta cinese all’indagine dell’UE sui sussidi ai veicoli elettrici non è tardata ad arrivare. Nella giornata del 13 settembre, in occasione dell’annuale discorso sullo Stato dell’Unione Europea, Ursula Von Der Leyen ha dichiarato fondamentalmente guerra ai veicoli elettrici cinesi, similmente agli USA, come misura protezionistica per salvaguardare l’industria automobilistica europea.
Dalla Cina non l’hanno presa bene, e il governo guidato da Xi Jinping fa sapere che la mossa avrà un impatto negativo sulle relazioni economiche e commerciali tra le due potenze.
La Cina pronta a salvaguardare le sue aziende
Come riportato da Automotive News Europe, secondo il ministero del Commercio cinese l’indagine avviata a Bruxelles è “un atto protezionistico nudo e crudo che sconvolgerà e distorcerà seriamente l’industria automobilistica globale e la catena di approvvigionamento, compresa l’UE, e avrà un impatto negativo sulle relazioni economiche e commerciali Cina-UE. La Cina presterà molta attenzione alle tendenze protezionistiche dell’UE e alle azioni di follow-up e salvaguarderà fermamente i diritti e gli interessi legittimi delle società cinesi“.
La risposta arriva dopo una vera e propria accusa, visto che Von Der Leyen ha accusato Pechino di invadere i mercati globali con auto elettriche a prezzi artificialmente bassi grazie a enormi sussidi statali. E arriva soprattutto quasi al limite, dopo che nel corso dei vari saloni europei e nel corso dell’anno l’aumento di marchi cinesi sul territorio è ancora raddoppiato rispetto al 2022, quando era già sensibilmente aumentato sul 2021.
Molti dei dirigenti dell’industria cinese però affermano che il vantaggio competitivo non è dovuto a dei sussidi, e questo è vero in parte. Il vantaggio tecnologico si deve a investimenti di lunga data degli imprenditori cinesi, ma è innegabile anche che il governo cinese stesso da anni abbia fornito enormi aiuti statali ai produttori che decidessero di investire su questa tecnologia. La China Passenger Car Association, inoltre, afferma che l’espansione dei prodotti locali si deve a una catena di approvvigionamento altamente competitiva e, soprattutto, non legata ad altri mercati.
Comunque, l’indagine potrebbe avere per l’UE parte degli effetti sperati, ma non tutti. Sempre secondo quanto riportato da Automotive News, questa indagine potrebbe rallentare in modo significativo l’espansione cinese, in particolare quella legata alla fornitura delle batterie, ma non un rischio in generale così grande perché i cinesi stessi potrebbero rivolgersi ad altri mercati dove l’elettrico è in crescita, in particolare il Vietnam e il resto del sud-est asiatico.
Non così economiche
Ci sono però altre questioni. Secondo Cui Dongshu, segretario generale della PCA, le preoccupazioni europee sono dovute al rafforzamento dei veicoli cinesi. “Solo quando diventi più forte le persone prestano attenzione, e alcune si sentono a disagio“. Ma ha anche dichiarato che la questione prezzo c’entra poco. Le vetture cinesi in Europa sono “solo” leggermente più economiche di quelle europee, perché le auto prodotte in Cina e poi esportate in territorio UE sono vendute al doppio del prezzo cinese.
Basti pensare alla BYD Atto 3, che in Italia parte da 43.000 € circa ed è vicina a vetture come la Kia Niro o la Jeep Avenger, e ha un’autonomia paragonabile se non inferiore. O a Lynk & Co, in Europa con un solo modello ma priva del modello più economico che rappresenta per Geely in Cina. Al massimo, si può parlare più di convenienza e di un maggiore rapporto prezzo-qualità-tecnologia. Ad ogni modo, tra i produttori cinesi che già vendono in Europa come Geely, Nio, BYD, Xpeng e Saic, nessuno ha voluto commentare la decisione europea.
Relazioni “squilibrate”
Certo è che l’UE ha intenzione di inasprire le sue relazioni con l’Oriente, già messe a rischio a causa dei legami tra Pechino e Mosca. Se da una parte, lo scorso 9 settembre a margine del G20 di Nuova Delhi, il premier cinese Li Qiang ha esortato Ursula Von Der Leyen e il blocco occidentale ha fornire un ambiente “non discriminatorio” per le aziende cinesi.
Ma dall’UE non sembrano esserci ulteriori dubbi: sicuramente i colloqui bilaterali in vista del vertice Cina-UE previsto entro fine 2023 verteranno su una maggiore insistenza europea per un accesso più agevolato al mercato cinese e un riequilibrio della relazione commerciale, che per Bruzelles al momento è troppo sbilanciata su Pechino. Quest’ultima parte, forse, per mettere una pezza a una Germania che potrebbe essere la più penalizzata dalla decisione.
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