Dopo aver fatto entrare in Cina le case automobilistiche europee, Mercedes e BMW in testa, e dopo aver imparato come si costruiscono le automobili, ora Pechino teme l’esatto contrario.
Il governo cinese ha recentemente emesso una serie di raccomandazioni che impongono ai produttori di auto elettriche di mantenere la tecnologia più avanzata all’interno del Paese, nonostante stiano aprendo stabilimenti in tutto il mondo per eludere i dazi commerciali. Secondo fonti vicine alla questione, Pechino sta spingendo affinché le aziende esportino kit di assemblaggio parziale (knock-down kits), con le parti più tecnologicamente avanzte prodotte in Cina e assemblate successivamente nei mercati esteri.
Una politica che arriva proprio quando marchi come BYD e Chery stanno concretizzando piani per aprire stabilimenti in Paesi come Spagna, Turchia e Ungheria, puntando sull’innovazione e sui prezzi competitivi delle loro auto elettriche per penetrare nei mercati internazionali. La richiesta del governo è fattibile ma non così automatica, con la possibilità di rallentare i piani di espansione internazionale dei costruttori cinesi, che già hanno visto le vendite nel mercato domestico rallentare a causa della crescente concorrenza.
Ma c’è dell’altro, perchè l’India viene vista come pericolo principale. Le linee guida del Ministero del Commercio cinese (MOFCOM) avvertono infatti le aziende di non investire nel settore automobilistico in India, dove il numero di ingegneri informatici e tecnologici è altissimo, proprio per evitare il trasferimento di competenze strategiche e ridurre i rischi legati alla regolamentazione.
La spinta all’espansione globale
Durante un incontro tenutosi a luglio, il MOFCOM ha incontrato una decina di produttori di auto, sottolineando l’importanza di mantenere le tecnologie cruciali all’interno dei confini nazionali.
Le aziende sono state inoltre invitate a informare il Ministero dell’Industria e dell’Informazione Tecnologica e l’ambasciata cinese in Turchia prima di procedere con investimenti nel Paese, un ulteriore tentativo di controllare l’uso della tecnologia cinese all’estero.
In Turchia, BYD ha concordato la costruzione di uno stabilimento da un miliardo di dollari, che permetterà un accesso facilitato all’Unione Europea grazie all’unione doganale tra Turchia e UE. Tuttavia, nel giugno scorso, la Turchia ha introdotto dazio del 40% sulle auto importate dalla Cina, complicando ulteriormente le strategie di espansione per i produttori cinesi.
Sappiamo che in Europa molte aziende cinesi stanno aprendo nuovi stabilimenti per evitare i dazi sulle importazioni, con voci che riguardano anche l’Italia.
C’è però da dire che, Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo della Commissione Europea, ha avvertito che queste strategie funzioneranno solo se le imprese rispetteranno le normative sull’origine, che impongono la creazione di valore aggiunto all’interno dell’UE. Il che, a quanto pare, andrebbe contro la richiesta di Pechino.
Fonte: Time