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Le case auto hanno rivisto i piani sull’elettrico per colpa della Germania?

La Germania sta conoscendo una crisi che non vedeva da un po', e questo ha portato al tracollo del suo mercato auto. Si deve a lei, quindi, il dietrofront dei produttori?

Solo tre anni fa, una dopo l’altra le case auto facevano annunci mirabolanti sulla conversione completa all’elettrico dell’intera gamma entro questo o quell’anno, addirittura entro il 2027 nel caso di Alfa Romeo e nel 2025 nel caso di Jaguar.

Oggi, però, sempre una dopo l’altra stanno rivedendo tutti i loro piani, annunciando che al contrario di quanto sostenuto continueranno a proporre modelli endotermici, per lo più ibridi. E che, seppure non ce ne fosse bisogno, dimostrano come non fossero per niente disposti a sacrificare l’indotto per un motivo etico.

Le case che stanno tornando indietro

L’ultima in ordine cronologico è stata Volvo, l’insospettabile. Insospettabile perché da anni fa dell’elettrico il suo cavallo di battaglia: nel 2020, quando presentò a livello globale, a Milano, la Volvo XC40 Recharge (noi c’eravamo, e oggi ribattezzata EX40), Volvo già anticipò di voler rendere le auto elettriche quelle dai maggiori volumi. Nel 2021, con la presentazione della C40 oggi EC40, rese ufficiale la sua volontà di vendere solo auto elettriche, e solo online, dal 2030, con l’obiettivo di avere un indotto 50% elettrico e il resto ibrido già nel 2025.

Volvo EX90
Image: Volvo

Tutto nell’ottica di sostenibilità, per motivi etici. Eppure, nonostante Volvo sia tra i pochissimi costruttori con un segno “+” per elettriche vendute in Europa, circa +47% ad agosto 2024, alla presentazione del restyling della XC90 il CEO Jim Rowan ha detto che continueranno a vendere veicoli ibridi, in particolare plug-in (ma probabilmente anche full) anche dopo il 2030.

Non solo il costruttore svedese, però. Ford sempre nel 2021, con il lancio di Mustang Mach-E, aveva anch’essa annunciato di vendere solo elettriche dal 2030, salvo poi tornare sui suoi passi qualche mese fa. E per Ford è una situazione più difficile di quella di Volvo: il costruttore svedese, come dimostrano le vendite e auto di successo come la EX30, ha una strategia che tutto sommato risponde.

ford explorer
Image: Ford

Ford, invece, per perseguire questo obiettivo è andata contro la sua stessa natura di costruttore generalista, rinunciando a vetture chiave come la Fiesta, e rimanendo fondamentalmente solo con auto per un pubblico con più soldi da spendere. Proprio la necessità di tornare a fare auto per la città, e per tutti, è uno dei motivi usati dal costruttore americano.

Ancora, Fiat, che voleva produrre solo elettriche già dal 2027, ha visto il tracollo della 500e che pure era partita bene, e il mancato successo della 600e, e per questo, pur presentando anche la Grande Panda elettrica, ha annunciato l’arrivo di una nuova 500 Hybrid su base 500e dal 2026, e prolungando la vita della Panda attuale in coesistenza con la Grande Panda fino ad “almeno il 2029”.

Volkswagen ID.7 GTX e ID.7 GTX Tourer
Image: Volkswagen

E infine, Volkswagen. Tra i produttori tedeschi quello col passo indietro più grande, e anche con la crisi più grande. Tanto che, per la prima volta in 87 anni, ha minacciato di chiudere ben due stabilimenti se le cose non si risollevano.

Se la Germania cala

Questo dietrofront diffuso ha mostrato da una parte l’ipocrisia dietro queste decisioni, che ovviamente non hanno mai avuto nulla di etico ma si è trattato in quasi tutti i casi di puro greenwashing; dall’altra, cosa succede se il principale mercato europeo va in crisi.

Tesla Model 3 2023
Image: Tesla

Stiamo ovviamente parlando della Germania, dove le elettriche sono crollate del 37% su base annua, mandando nel panico tutti i produttori che, di fatto, non se lo aspettavano: parliamo anche di Tesla, che in Europa nel 2024 ha perso oltre il 15%. E non importa se invece in altri grossi mercati, come la Francia e il Regno Unito, il numero di elettriche vendute continua a salire; importa ancora di meno se in Danimarca è arrivato il “boom” previsto e oggi un’auto su 10 elettrica, e se anche negli altri paesi nordici il trend continua a crescere.

Auto elettriche norvegia
Image: Ionity

Sono paesi troppo piccoli e, al contempo, la crescita in Francia e Regno Unito non è sufficiente a contenere un crollo così grande, unito al continuo calo anche in Italia, dove però non sono mai veramente cresciute, e alla crescita molto lenta in Spagna e Polonia, gli ultimi due mercati significativi.

Gli errori dei produttori

Non si può dare però la colpa alla Germania. La Repubblica Federale è in una profonda crisi da anni, uno dei tre paesi europei in recessione insieme a Svezia e Regno Unito, con un alto tasso di inflazione, prezzi dell’energia alle stelle e numerose altre problematiche, che si uniscono a un governo debole e poco coeso che, per la prima volta da anni, ha portato a un’instabilità politica che giova ancora meno all’economia del Paese.

germania eu ue
Image: Norbert Braun @ Unsplash

Governo che, tra l’altro, sembra prediligere le decisioni sbagliate, come quella di chiudere le centrali nucleari e riaprire quelle a carbone, una decisione voluta niente meno che dai Verdi; e di tagliare di punto in bianco gli incentivi, dimostrando che in Germania come in Italia le vendite delle elettriche fossero trainate dai sussidi statali, che vengono meno se l’economia non è più sana come un tempo.

Ma l’errore dei produttori è stato proprio questo. In molti casi si parla di difficoltà di produrre auto elettriche di massa, ma quello che sembra è più un’incapacità e una totale mancanza di senso della realtà da parte dei vertici di tutti i gruppi automobilistici, che si sono concentrati sul segmento premium, saturandolo o creando nuovi marchi da zero, o cambiando target a marchi prima generalisti, errore tanto di Ford, come visto, quanto di Volkswagen stessa e di tutti i suoi marchi, come Skoda le cui uniche due elettriche al momento disponibili sono SUV da oltre 40.000 €.

Carlos Tavares Stellatins
Image: Stellantis

Ci sono anche proposte ancora più opinabili, come i modelli Stellantis costruiti su piattaforma e-CMP, sviluppata ai tempi da PSA insieme a Dongfeng e progetto ormai decennale, con autonomie che non vanno oltre i 400 km dichiarati, a prezzi persino superiori a quelli di una Tesla Model 3. Viene da sé che, a parte la Peugeot e-208, le altre non abbiano ottenuto grande riscontro.

Ma anche Fiat ha perso l’occasione. La 500 elettrica, lanciata nel 2020, per i primi 2 anni di produzione ha avuto un buon successo, tanto da essere tra le prime cinque elettriche vendute anche in Germania, dove per un periodo ha fatto persino meglio della Volkswagen ID.3. Ma anche in questo caso, dal 2023 ha iniziato a pagare il suo listino troppo alto, cosa che si rende ancora più evidente se gli incentivi vengono meno, spingendo il Lingotto a lavorare su una nuova versione ibrida basata su quella elettrica, per  mandare in pensione l’attuale 500 termica ormai troppo vecchia (è un progetto del 2007), e al contempo creare una nuova versione base della 500e con batteria LFP, più economica. Entrambe però, saranno disponibili dal 2026.

Un regalo ai cinesi?

Gli errori dei produttori europei, che negli scorsi anni si sono seduti sugli allori e sono partiti in ritardo nel processo di elettrificazione pensando che il loro nome sarebbe bastato a mantenerli a galla anche nella corsa all’elettrico, sembrano aver avvantaggiato i produttori cinesi. E in effetti, proposte come la BYD Dolphin a 30.000 € o la MG4 a prezzi simili convincono più del modello a cui guardano, la Volkswagen ID.3, che costa 38.000 €.

Byd Dolphin Test Drive
Image: BYD

Ma non è un regalo ai cinesi, non per ora: i nuovi dazi europei hanno costituito un duro colpo anche per loro, che si sono già visti costretti ad alzare i prezzi, chi prima chi dopo. Il problema, è che i dazi dell’UE non sono un regalo nemmeno per gli europei: se Volvo è cresciuta tanto lo deve alla EX30, prodotta in Cina per ora.

La produzione europea inizierà solo nel 2025, e fino a quel momento sappiamo già che il listino del suo crossover dovrà aumentare. Anche la Cupra Tavascan viene prodotta in Cina, e il marchio spagnolo ha già avvertito che potrebbe ritardarne la commercializzazione. E penalizza persino la Tesla Model 3, di cui molti esemplari sono prodotti a Shanghai.

MG4 Xpower 2024
Image: Quotidiano Motori

Il risultato? I dazi potrebbero essere persino una mossa a boomerang, che farebbe aumentare ulteriormente i prezzi e, di conseguenza, rallentare il mercato. E il contesto non aiuta: l’invasione russa dell’Ucraina, e le conseguenti sanzioni europee, hanno causato un’ondata di inflazione che ha messo a dura prova i bilanci familiari, rendendo i veicoli nuovi, anche quelli termici, fuori portata per molti consumatori. Anche l’aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali ha contribuito a rendere più costosi i finanziamenti per l’acquisto di automobili.

Il dietrofront dei governi

Inoltre, anche alcuni governi europei stanno iniziando a prendere le distanze dagli obiettivi più ambiziosi sulla mobilità elettrica. La Germania, ad esempio, ha ottenuto un’esenzione per i cosiddetti e-fuel dal divieto dell’Unione Europea sulle vendite di nuove auto a combustione dal 2035, che ha fatto felici tutti i produttori tedeschi.

In Italia, la Lega, uno dei tre partiti di governo, ha annunciato che presenterà una richiesta ufficiale di revoca sul ban del 2035, e anche altri esponenti della maggioranza vorranno insistere a spingere le istituzioni a rivedere. Difficile che la Lega ottenga qualsiasi ascolto, visto che al Parlamento Europeo fa parte di un piccolo gruppo parlamentare, ma gli altri due partiti di governo, specialmente Forza Italia, possono contare su uno scetticismo diffuso anche in gran parte degli esponenti del PPE, il Partito Popolare Europeo, quello più grande di tutto il Parlamento e di cui fa parte anche la stessa Ursula Von Der Leyen.

Del resto, Italia e Germania non sono uniche. L’Ungheria al momento ha la presidenza di turno del Consiglio UE, e per il prossimo 25 settembre 2024 ha organizzato un summit sul settore dove l’esecutivo Italiano ha intenzione di chiedere di anticipare al 2025 la clausola di revisione sul fit for 55 prevista al momento per il 2026, con l’obiettivo se non di annullare, quantomeno di posticipare la scadenza del 2035.

 

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