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Bloccano l’autostrada contro il cambiamento climatico: 5 anni di carcere

Cinque attivisti di "Just Stop Oil" sono stati condannati a pene detentive nel Regno Unito per aver tentato di bloccare la M25. Le condanne, tra i quattro e i cinque anni, sono state definite molto severe.

Cinque attivisti dell’organizzazione ambientalista “Just Stop Oil” sono stati condannati al carcere nel Regno Unito per aver tentato di bloccare la M25, l’autostrada che circonda Londra, nell’autunno del 2022. Le sentenze, emesse la scorsa settimana, variano dai quattro ai cinque anni di carcere e sono state descritte da molti osservatori come particolarmente severe, rappresentando le pene più lunghe mai decise nel Regno Unito per proteste non violente.

Gli attivisti sono stati giudicati colpevoli di “associazione a delinquere finalizzata ad arrecare disturbo alla collettività“. Quattro di loro dovranno scontare quattro anni di carcere, mentre il quinto è stato condannato a cinque anni. Il tentativo dei cinque era sensibilizzare l’opinione pubblica contro l’esplorazione del Mare del Nord alla ricerca di nuovi giacimenti di petrolio e gas, una pratica che ritengono dannosa per l’ambiente e in contrasto con gli sforzi globali per combattere il cambiamento climatico.

Secondo il giudice, hanno oltrepassato la linea tra l’essere preoccupati ed il fanatismo. E’ poi particolarmente “incriminante” una videochiamata durante la quale gli attivisti avevano cercato di reclutare il maggior numero possibile di volontari per partecipare alla protesta sulla M25. La loro intenzione era di creare bloccare completamente l’autostrada per attirare l’attenzione mediatica e politica sul tema dell’esplorazione petrolifera. Il giudice che ha emesso le condanne ha criticato duramente questo approccio, affermando: “Vi siete auto nominati unici depositari di ciò che dovrebbe essere fatto riguardo al cambiamento climatico, senza essere vincolati né dai principi della democrazia né dallo stato di diritto“.

Una parte dell’opinione pubblica plaude la sentenza. Pene così severe sono necessarie per dissuadere future azioni simili, proteggendo così l’ordine pubblico e la sicurezza delle infrastrutture. Altri, invece, ritengono che la severità delle pene sia sproporzionata rispetto alla natura non violenta delle proteste, sollevando preoccupazioni riguardo alla libertà di espressione e al diritto di protesta stessa.

C’è poi da dire che se le azioni di “Just Stop Oil” non comportano l’uso di violenza fisica diretta, i ritardi nel traffico, impedimento di servizi di emergenza e lo stress per le persone coinvolte può essere vista come violenza indiretta. Allo stesso tempo, come già scritto in passato, queste forme di protesta rischiano di essere controproducenti. Le persone direttamente colpite da blocchi stradali e interruzioni, sviluppano opinioni negative verso gli attivisti e, per estensione, verso le cause che essi sostengono. Una percezione di eccessiva radicalità può alienare parte dell’opinione pubblica che potrebbe invece essere aperta a discutere di soluzioni al cambiamento climatico.

Non solo, perchè queste forme di protesta rischiano di essere controproducenti. Le persone direttamente colpite dai disagi, come blocchi stradali e interruzioni, potrebbero sviluppare sentimenti negativi verso gli attivisti e, per estensione, verso le cause che essi sostengono. Inoltre, una percezione di eccessiva radicalità può alienare parte dell’opinione pubblica che potrebbe invece essere aperta a discutere di soluzioni al cambiamento climatico.

Dal canto suo, “Just Stop Oil” ha dichiarato che continuerà a lottare contro le politiche che ritiene dannose per l’ambiente, nonostante le condanne.

 

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