Quando si parla di auto elettriche, il punto più dolente è inevitabilmente l’autonomia. Questo lo sanno anche i produttori, che sono al lavoro per la realizzazione di vetture con autonomie sempre maggiori, date da batterie sempre più grandi, tanto che il range medio di km percorribili è aumentato negli anni, e oggi nella gamma europea è intorno ai 400 km.
Ma è davvero su questo che bisogna puntare, in un continente piccolo come il nostro dove le distanze non sono poi così esagerate?
La differenza tra europei, cinesi e americani
Partiamo da un presupposto: essere un produttore automobilistico che vende in mercati totalmente opposti non è semplice, perché ogni paese ha le sue necessità e trovare una quadra tra tutti è fondamentalmente impossibile. Per esempio, un sondaggio di Bloomberg Green condotto nel 2022 e citato da Autoblog.com vede gli americani di gran lunga preferire auto elettriche con almeno 500 km di autonomia, e solo il 10% si accontenterebbe di qualcosa sotto i 300 km.
Ma gli americani, del resto, rispondono sia alla loro mentalità, che li vede storicamente più legati all’auto, e al suo utilizzo per spostarsi in qualsiasi contesto (lavoro, viaggi); sia anche a un territorio enorme, per gran parte disabitato o quasi dove è difficile trovare un distributore, figuriamoci una colonnina.
In Europa e in Cina la situazione è completamente diversa. Nella Repubblica popolare addirittura ciò che va per la maggiore sono le microcar elettriche, adatte alla mobilità nelle megalopoli cinesi.
In Europa, basta analizzare i tre mercati principali: Germania, Francia e Italia. Nei due paesi latini la situazione è quasi identica, e le elettriche più vendute sono city car: la Fiat 500, la Renault Zoe, la Peugeot e-208, con solo Tesla Model Y a fare da eccezione sia perché ancora “fa status”, sia perché paradossalmente tra quelle ad ampio raggio è una di quelle che costa meno, specie con i recenti tagli.
In Germania il dato cambia leggermente, e l’autonomia media è più alta, anche se comunque si prediligono sempre vetture abbastanza compatte, come la Volkswagen ID.3.
Solo i mercati nordici vedono una top 10 di modelli grandi di dimensioni e autonomia, e questo si deve sia alla loro maggiore disponibilità economica, sia per le difficili condizioni climatiche e morfologiche, specie nel caso di Svezia e Norvegia, dove le distanze possono farsi molto lunghe, e le infrastrutture diradarsi.
Stringendo, la maggior parte degli europei percorre molti meno km al giorno rispetto agli americani, e vive in contesti piccoli, dove auto di grandi dimensioni sono solo scomode.
Il problema delle grandi autonomie
Queste tendenze si riflettono anche nelle scelte dei produttori. Non è un caso, ad esempio, che Stellantis e Renault abbiano vetture elettriche piccole e con autonomie mai troppo grandi, che riflettono la mentalità di italiani e francesi. Un discorso diverso, invece, per i tedeschi, che vendono molto sia in patria che al nord, e quindi sembrano puntare su auto sempre più grandi e con autonomie sempre maggiori, in maniera simile a Volvo o Geely.
Ma questo può avere un importante lato negativo. Al momento, infatti, avere un’autonomia superiore ai 500 km richiede una batteria molto grande, e di conseguenza anche un’auto dalle dimensioni poco cittadine.
Questo però si traduce anche in un enorme aumento di peso, il tutto accentuato dal fatto che la maggior parte delle elettriche ad ampio raggio sono anche SUV, la scelta peggiore in questo senso, perché aumenta ulteriormente la massa, riduce l’aerodinamica e quindi l’autonomia reale, soprattutto in autostrada.
Senza contare che batterie più grandi richiedono più materiali di produzione, e sono anche più difficili da smaltire, e quindi sono potenzialmente meno sostenibili.
Non sarebbe meglio puntare su infrastrutture e tecnologie?
Un’idea di soluzione equilibrata è, per esempio, quella della Renault Mégane Elettrica. L’auto, una berlina leggermente rialzata, è persino più compatta della Mégane ibrida che va a sostituire, ma soprattutto ha una batteria molto sottile che le permette comunque di raggiungere 470 km di autonomia, in un peso di circa 1,6 tonnellate.
Ciò significa che l’autonomia reale, anche in autostrada, si avvicina al dato dichiarato.
Questo è un dato importante, perché in questo caso non è sull’autonomia che bisogna puntare, ma sul resto. Sia in Svezia che in Italia sono molto avanti i lavori per le autostrade elettrificate, ovvero delle infrastrutture che quando percorse da un’elettrica la mantengono carica. La soluzione non solo fa sì che non si debbano aspettare tempi di ricarica di almeno mezz’ora, ma in un contesto dove queste strade si sono diffuse ampiamente permettono proprio di non fermarsi. Una versione wireless del filobus, se vogliamo.
Ci sono poi altre due soluzioni. Aumentare la diffusione dei sistemi a 800 Volt, ovvero quelli che permettono alle auto di supportare la ricarica ultra-rapida superiore ai 200 kW, che al momento può essere la nota dolente delle vetture citate sopra, come la Mégane e la 500. Su vetture come Ioniq 6 permette di recuperare l’80% in poco più di un quarto d’ora, su auto con batterie più piccole potenzialmente potrebbe metterci anche di meno.
Ancora più interessante, lo swapping battery, ovvero la sostituzione delle batterie scariche con quelle cariche che richiede al massimo 3 minuti, e su cui però al momento stanno puntando solo i cinesi. Insomma, questa riflessione vuole mettere in luce il fatto che per risolvere il problema dell’autonomia paradossalmente non è necessario aumentare il range, ma tutto quello che c’è intorno.
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