Automobili elettriche: tutto bene finchè non si parla di autonomia o ricarica. Un vero e proprio tallone d’Achille, anzi due, che hanno fin’ora frenato l’espansione delle vetture a zero emissioni. C’è da dire che qualcuno ci sta lavorando: dagli USA veniamo a sapere che Ample è riuscita a raccogliere 31 milioni di dollari in un Series A round, che sono comunque molti.
L’azienda realizza “una piattaforma che offre una ricarica completa per le auto elettriche, risolvendo la sfida di fornitura di energia per le auto elettriche“. Per dirla in altri termini, Ample offre una “alternativa alla ricarica tradizionale” utilizzando la “ricarica robotica autonoma”. proprietaria.
Prima di Ample: i casi del passato
L’idea sembra semplice: un robot cambia la batteria all’automobile installandone una già carica. Il tutto in pochi minuti. Bello vero? Si, ma c’è qualcosa che non quadra. Ci ha già provato nel 2013 Tesla, costruendo una stazione di scambio di batterie prima di chiudere definitivamente il programma nel 2016. C’è da dire che in questo caso l’implementazione era stata un po’ caotica. Si trattava di una soluzione per la quale i proprietari di auto dovevano comunque tornare indietro e recuperare la batteria originale, pagando 80 dollari per il servizio.
Torniamo indietro addirittura nel 2005 con Better Place, il cui piano era costruire una rete di stazioni di scambio batterie in Israele prima di espandersi in tutto il mondo. Avendo in uso batterie in leasing, non era un problema lasciarne una al distributore per riprenderne un’altra carica. Il costo della stazione di servizio, e lo scarso numero di auto elettriche circolanti hanno di fatto schiantato il progetto. Qui sotto un video del 2009 che mostrava il funzionamento.
Cos’ha in più Ample? Gli investitori, innanzitutto. Ci sono Shell Ventures e Moore Strategic Ventures, con la partecipazione di Repsol Energy Ventures, Hemi Ventures e Trirec. Con Shell e Repsol ovviamente legate ai prodotti petroliferi, ma in grado di guardare un po’ più avanti, verso l’elettrico.