Non è sempre facile capire le dinamiche interne e le decisioni di una casa automobilistica, perché sono tanti i fattori che spingono i vertici a interrompere o continuare la produzione di una vettura, indipendentemente dal suo successo. Eppure, ci sono alcune auto sportive, di diversa potenza, ora non più prodotte che è quasi da non credere che non abbiano avuto un’erede!
Piccole piccantine, non eccessivamente potenti ma agili e scattanti; perle rare, prodotte da insospettabili; e vere e proprie supercar senza un’erede, o senza un’erede valida. Ecco 8 auto sportive andate fuori produzione, che però avrebbero tutte le carte in regola per poter tornare!
Auto sportive: BMW Z8
Per capire quanto questa vettura fosse fantastica, io personalmente ho anche il modellino! Simpatie a parte, la Z8 nacque inizialmente come studio di design, ma piacque così tanto che la casa bavarese decise di farne un’auto in esemplari limitati.
Il design era ispirato alla più classica BMW 507, ma il motore era decisamente più moderno: un V8 da 4,9 litri in grado di erogare 395 CV. Di queste auto ne furono vendute circa 5.700 esemplari, dopo i quali BMW interruppe la produzione. Purtroppo, l’azienda tedesca non ha più prodotto nulla di simile: certo, c’è la BMW Z4, la cui nuova generazione è creata insieme alla Toyota Supra, ma è meno potente, se consideriamo che la più performante arriva ad “appena” 330 CV.
DeTomaso Pantera
DeTomaso è definitivamente “volata” negli States e lì si è deciso di farla ripartire. Un’azienda dalla storia non facile, che però ha prodotto vere e proprie perle, come appunto la Pantera. Disegnata in Italia, e con l’aspetto tipicamente anni 80, squadrato, coi fari a scomparsa e un bell’alettone posteriore, il motore era invece prodotto negli Stati Uniti.
In America era importata da Ford, ma dopo pochi anni l’ovale blu non ritenne necessario, né profittevole, continuare l’importazione. Per questo, l’unico modo di ottenerla fu tramite importatori del mercato grigio americano. Tuttavia, DeTomaso navigava già in cattive acque, e nonostante le buone vendite della vettura, non ebbe i fondi per progettare un’erede della Pantera.
Jensen Interceptor
Una muscle car con metodo britannico. Un esperimento che, per quanto valido, non riuscì. Con un design molto accattivante, che univa forme tipicamente inglesi, come per esempio il grande lunotto posteriore, a forme americane, come il cofano allungato e la grossa presa d’aria, l’auto era americana anche per il motore: un Chrysler V8.
La Interceptor fu prodotta per 10 anni, dal 1966 al 1976. Tuttavia, fu un vero insuccesso dal punto di vista commerciale: non furono vendute abbastanza unità per mantenere in vita Jensen, che chiuse la produzione e i battenti.
Fiat Dino Coupe
Ogni tanto, Fiat sorprende con auto dalla vocazione sportiva che, però, quasi mai hanno seguito. Di recente possiamo annoverare la Fiat 124 Spider, un vero gioiellino che purtroppo ha visto la fine della produzione lo scorso anno; oppure, le Fiat Barchetta e Punto GT degli anni Novanta, due youngtimer tra le più apprezzate di oggi.
Ma uno dei più ricordati e amati è sicuramente l’esperimento Fiat Dino, una joint venture tra Ferrari e il Lingotto che serviva al Cavallino per omologare i motori V6 con cui voleva correre in Formula 2: Ferrari, per rispettare le nuove regole FIA, doveva sviluppare il motore su un’auto di almeno 500 esemplari venduti ogni 12 mesi. Ma siccome non aveva abbastanza fondi per farlo da sola, trovò l’intesa con Fiat e per fornire al lingotto i motori per un’auto sportiva: appunto, la Dino.
Ma la Dino non era solo potente, era anche molto bella: disegnata da Bertone e Pininfarina, l’aspetto era molto accattivante, con la forma elegante a coupé, il cofano allungato, la griglia a nido d’ape e interni molto curati. Anche il prezzo era tra i più bassi per una sportiva italiana. Tuttavia, dal momento che nacque solo per esigenze normative di Ferrari, è altamente improbabile che ne vedremo altre (ma con Fiat, mai dire mai!).
Lancia Delta Integrale
Chi è che non rimpiange la Deltona? Probabilmente, è l’auto sportiva italiana più rimpianta e desiderata di tutti i tempi. Fu costruita inizialmente per soddisfare i requisiti per il campionato WRC, ma proprio i successi del campionato portarono alla produzione in serie della vettura.
Anche se l’auto era esteticamente simile alla Delta tradizionale, era un’auto totalmente diversa: più muscolosa, più squadrata, più potente. Il design meccanico era del resto quello della versione da Rally, cosa che ne decretò il successo. Purtroppo, come sappiamo, la Integrale non fu più prodotta, ma non è così improbabile un suo ritorno. Anzi, Stellantis ha decretato il ritorno di Lancia, ora guidata da Luca Napolitano, la quale sarà azienda di sole auto elettriche. Tra queste, anche una nuova Delta esclusivamente a batterie.
Opel Speedster
Opel, fino all’acquisizione da parte di PSA (oggi Stellantis), era il principale marchio di General Motors per il mercato europeo, e allora come oggi produceva auto affidabili a prezzi abbordabili. Ma ogni tanto se ne usciva con qualche roadster o modello particolare. Negli anni Novanta fu la Tigra, nei Duemila la Speedster.
L’auto, che per il mercato inglese era la Vauxhall VX220, era una roadster molto interessante a prezzo ridotto, con motore GM Ecotec da 200 CV. Non potentissima, ma dal momento che pesava appena 875 kg, era molto scattante. Il telaio era quello della Lotus Elise, e come la Elise era molto maneggevole e leggera. Certo, non era bellissima, ma regalava emozioni. Tuttavia, non vendette abbastanza, e d’altra parte si iniziava già a entrare nel periodo SUV, che stiamo vivendo ancora oggi. Per cui, è impensabile che sia GM – focalizzata sull’elettrico – sia Opel sotto PSA producano ancora qualcosa di simile.
Lamborghini Murciélago
Sì, è vero: la Aventador è l’erede della Murciélago. E in effetti, è difficile dire che l’Aventador non sia un’auto emozionante, ma è entrata meno nell’immaginario della sua antenata squisitamente anni Novanta.
Sogno nel cassetto di un’intera generazione, che la guidava nei videogiochi, la Murciélago è un’auto molto difficile da guidare: la visibilità è pessima, non ci sono assistenti alla guida e lo sterzo è poco preciso. Tutti ingredienti che la rendono così speciale, perché l’auto è tipicamente Lamborghini: selvaggia e difficile da controllare.
Alfa Romeo 8C Competizione
Concludiamo con un’auto davvero iconica: la 8C competizione, il ritorno di Alfa alla sportività dopo anni di assenza dalle corse. La 8C era una supercar a tutti gli effetti, con un aspetto moderno, stupendo, curato nei minimi dettagli, e un motore sviluppato insieme a Ferrari. Per capirci, il design della 8C condizionò quello di tutte le Alfa del periodo, dalla MiTo, alla Giulietta alla 4C.
Come al solito, l’auto paga scelte di marketing poco comprensibili: l’interesse per la vettura era tanto, ma Alfa decise di limitare la produzione a 1000 unità totali, 500 per la coupé e 500 per la Spider. Difficile che vedremo un’altra 8C: sebbene la rinascita di Alfa sia cominciata ora con la nuova Tonale, la direzione del marchio è elettrica.
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