Sulle auto elettriche l’Italia è ancora indietro. Tante volte lo abbiamo sentito dire e, numeri alla mano, si tratta di una realtà innegabile, se si confrontano gli obiettivi dichiarati dall’Unione Europea, che prevedono la vendita di sole vetture nuove a zero emissioni a partire dal 2035, con le poco più di 150mila auto elettriche circolanti nel nostro Paese.
Guardando bene, però, la situazione italiana, che vede l’elettrico ancora agli inizi, probabilmente non è poi così da stigmatizzare come molti la dipingono. La mobilità elettrica, infatti, presenta ancora tanti punti di domanda: a partire dall’enorme fabbisogno energetico e dal sistema infrastrutturale limitato, per arrivare ai costi ancora elevati e ai problemi legati alle batterie, primo fra tutti lo smaltimento.
Il caso americano
Non è tutto oro quello che luccica. Il proverbio vale anche per gli Stati Uniti, seconda realtà dopo la Cina per numero di auto elettriche circolanti. Nella patria della Tesla, sul NY Post è stato pubblicato un interessante articolo che non manca di sottolineare tutte le difficoltà determinate dalla transizione ecologica. Quest’estate in California l’American Public Power Association, organizzazione che rappresenta i servizi di pubblica utilità, preoccupata dai blackout, ha chiesto ai proprietari di veicoli elettrici di non ricaricare le auto nelle ore di punta.
La rete elettrica, infatti, è limitata e il fabbisogno energetico per alimentare tutte le auto circolanti in un Paese sarebbe ciclopico: un discorso, questo, che vale non solo in Italia, ma in tutta Europa e negli altri Stati del mondo.
Cosa succede negli altri Paesi
In Norvegia, è risaputo, ormai un’auto su cinque è elettrica. Ma se tra qualche tempo fosse necessaria una frenata ai modelli a zero emissioni non ci sarebbe da stupirsi. Le vendite sempre più risicate di vetture endotermiche, infatti, lo scorso anno ha causato un buco di introiti fiscali per il minor impiego di carburanti tradizionali stimato in poco meno di 2 miliardi di euro. Tanto che il governo nelle scorse settimane si è inventato una tassa sul peso delle automobili.
Anche il governo svizzero, complice il caro energia e il timore di un blackout generalizzato, potrebbe limitare l’uso privato delle auto elettriche al minimo indispensabile. Due esempi di come il boom dell’elettrico possa avere un lato negativo della medaglia.
Gli ostacoli tuttora esistenti
Abbiamo già parlato della problematica molto sentita del fabbisogno energetico, ma ci sono altre questioni aperte sulle auto elettriche: ad esempio, la necessità di compiere ingenti investimenti nelle infrastrutture di ricarica, specie quelle veloci, e le tempistiche di riconversione degli stabilimenti, oltre che di preparazione del personale, sono due punti molto dibattuti.
Così come fa discutere l’attuale realtà delle batterie, con la produzione concentrata quasi solamente in Asia, la difficoltà nel reperire le materie prime necessarie per costruirle, come litio e cobalto, e il nodo dello smaltimento, visto che parliamo di accumulatori che pesano tra i 200 e i 500 kg, e che non esiste ancora una filiera per il riciclo.
I costi elevati
C’è infine anche un problema, non trascurabile, di costi: oggi tante persone non hanno le risorse necessarie per cambiare auto ed è risaputo che in media un’auto elettrica costa di più di una vettura termica tradizionale.
Nell’ultimo decennio, in aggiunta, il prezzo delle Bev in Europa è salito del 28%: se prima, sempre in media, occorrevano poco più di 30.000 euro per acquistare una “zero emissioni” nuova, oggi si è arrivati a superare i 40.000 euro. E le eccezioni, lo sappiamo, non sono molte.
I dubbi sull’elettrico
Riassumiamo quindi le perplessità più frequenti che riguardano tuttora le auto elettriche:
- L’alto fabbisogno energetico;
- La rete elettrica limitata;
- Le infrastrutture che devono crescere;
- Le problematiche delle batterie;
- La riconversione stabilimenti e la preparazione degli addetti ai lavori;
- I costi elevati della tecnologia.
Torniamo alla riflessione iniziale: è vero che in Italia siamo indietro, ma è altrettanto vero che la strada verso la conversione elettrica è ancora lunga in tutto il mondo. Serve tempo e correre troppo senza pensare agli ostacoli può rivelarsi controproducente. Per una volta, vien da pensare, forse abbiamo ragione noi ad andare piano.
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