La fortuna più grande di fare il mio lavoro è la quantità di eventi, viaggi ed esperienze che prevede. Quando ne fai tante, però, alla fine una piccola percentuale riesce a colpirti, dopo un po’. Una di queste è quella che ho fatto a Vienna e a Graz, in Austria, dove sono entrato in contatto non con una singola realtà, ma con l’intero settore e con centri tra loro collegati nello sviluppo delle tecnologie di guida autonoma in Europa e nel mondo, e anche di nuovi dispositivi per migliorare e rendere più sicure le infrastrutture.
Realtà collegate tra loro dal Main Autonomous Event, tenutosI al Palazzo Imperiale di Vienna, a cui hanno partecipato tutte le principali aziende europee e americane impegnate in questa tecnologia, comprese anche alcune case automobilistiche come Volkswagen e Volvo Group.
Una tre giorni davvero densa di informazioni, organizzata per me e altri tre giornalisti italiani da ABA, la Austrian Business Agency. ABA è l’ufficio del Ministero dell’Economia austriaco impegnato nella promozione della Repubblica non come luogo turistico, ma come hub per investimenti, e che tiene rapporti con le aziende dei principali paesi partner del Paese, tra cui c’è anche l’Italia.
Ma non solo, l’Austria è anche uno dei pochissimi paesi in Europa che permette di testare su strade reali, quelle della Stiria e di Graz, la guida autonoma. E lo abbiamo fatto anche noi. Questo perché, pur non avendo una sua casa automobilistica, l’Austria ha un ruolo importante nell’industria automobilistica: nel 2023 ha investito 831 milioni di euro in ricerca e sviluppo per il settore; ma qui c’è anche Magna Steyr, il colosso che produce vetture per altri produttori, tra cui modelli iconici come la Mercedes Classe G o la Toyota GR Supra. E in Austria ci sono startup leader della tecnologia autonoma, tra cui Virtual Vehicle e ALP.Labs, nei cui uffici siamo stati.
Cosa emerge dalle conferenze di Vienna
L’edizione 2024 del Main Autonomous Event, intitolata Cutting No Corners, ha messo in luce la lentezza europea nello sviluppo di veicoli autonomi e il passaggio verso i Software-Defined Vehicles, lentezza dovuta principalmente alla burocrazia che l’Europa si porta avanti da sempre, e alla divisione politica.
Come evidenziato da Ricky Hudi, chairman di The Autonomous, la sfida non è più il powertrain, ma l’integrazione del software nei veicoli. Tra i partecipanti spiccavano nomi di rilievo come Audi, Mobileye, Waymo, e Volvo Autonomous Solutions, a testimoniare il ruolo attivo dell’Europa nella corsa tecnologica.
Un panel dedicato al quadro normativo globale ha evidenziato le differenze tra Europa e Stati Uniti. Negli USA, la maggiore libertà normativa e infrastrutture meno complesse favoriscono i test, mentre l’Europa soffre di una regolamentazione frammentata. Solo Germania e Austria stanno cercando di colmare il divario, ma un’armonizzazione normativa a livello UE è ancora lontana.
Secondo Richard Damn, presidente dell’UNECE, una regolamentazione internazionale potrebbe essere pronta entro il 2026, ma resta il problema dei limiti di velocità e della complessità del traffico europeo, che rappresentano ostacoli significativi per i test su lunga distanza. Per ora, i veicoli autonomi di livello 4 saranno limitati al trasporto merci su autostrade, un ambiente più semplice e prevedibile rispetto alle città. Le aziende puntano a vendere questi veicoli come servizi, con l’obiettivo di risolvere problemi come la carenza di conducenti, specialmente per i camion di lungo raggio.
I tempi in cui vedremo le strade riempirsi di auto veramente autonome sono quindi molto lontani, sia a causa dei limiti normativi, sia anche a causa dei costi.
Ho “guidato” un’auto autonoma
Dopo Vienna, è stata la volta di Graz, vero centro nevralgico della guida autonoma, per un’altra fitta serie di incontri organizzati da AC Styria, l’hub dello stato federato della Stiria che riunisce oltre 300 aziende del settore dei trasporti. A Graz, ci sono le sedi di Virtual Vehicle e ALP.Labs. La prima, fondata nel 2002, si occupa di software per veicoli autonomi, arrivando a lavorare su tecnologie di livello 4 e 5. ALP.Labs, oltre al software, si dedica alla creazione di prototipi come l’autobus urbano Torus e ai test per i sistemi ADAS, compresi quelli EuroNCAP ufficiali.
La mia prova si è svolta a bordo di una Ford Fusion del 2017 (versione americana della Mondeo) modificata, all’interno del campus che ospita Virtual Vehicle. Nonostante il poco tempo passato in macchina, l’esperienza è stata formativa e anche molto divertente. Grazie a un sofisticato sistema di telecamere, radar e un software standardizzato, il veicolo era in grado di rilevare pedoni, ciclisti e altri veicoli, reagendo con precisione. Tuttavia, per motivi di sicurezza, i tempi di reazione sono volutamente lunghi, soprattutto nelle zone più frequentate.
La Fusion ha dimostrato anche altre abilità: segnalare svolte, parcheggiare autonomamente e reagire a situazioni complesse come un camion che blocca la strada. Per le situazioni più critiche, come i test su strade pubbliche, l’auto ha mostrato una guida prudente, spesso tenendosi vicina ai bordi. Questo approccio, spiegano i ricercatori, è voluto per garantire la massima sicurezza.
Tutto è comunque controllato dal software di Virtual Vehicle, sia a distanza che tramite il grande display al centro della vettura, che mostra tutto ciò che avviene in sgtrada. Interessante il fatto che poco si basa sul GPS, ma su altri tipi di sensori, come i Lidar, e questo perché il GPS è totalmente inutile sotto i tunnel, e in generale meno preciso.
I progetti di Virtual Vehicle
Ma la Fusion è solo la punta dell’Iceberg, perché Virtual Vehicle, che oggi conta 274 ricercatori e oltre 50 progetti in corso, ha lanciato anche Zero One, un prototipo completamente autonomo, privo di volante e pedali, dotato di un grande pannello touch per il controllo. Le tecnologie integrate includono radar e LIDAR a 360°, gemelli digitali per simulazioni avanzate e mappe HD per una guida precisa. Questo approccio permette una standardizzazione che rende il sistema adattabile a diversi tipi di veicoli.
Virtual Vehicle non si limita all’automotive. Con SETLabs a Monaco di Baviera, esplora applicazioni digitali anche per il settore sanitario e altre aree. Inoltre, la startup si distingue per l’integrazione tra test fisici e virtuali, sfruttando simulazioni avanzate per migliorare la sicurezza e l’efficienza dei sistemi di guida.
Un aspetto cruciale del lavoro di Virtual Vehicle è l’attenzione ai fattori umani. Guidato dallo psicologo italiano Paolo Pretto, il team studia come ridurre gli errori umani e migliorare il comfort e la sicurezza. Sistemi come DriveLAB integrano conducente, veicolo e ambiente, simulando scenari realistici per testare le tecnologie in modo olistico.
Inoltre, sensori fisiologici e eye-trackers monitorano il conducente, prevenendo errori e migliorando la fiducia nelle tecnologie automatizzate. Questa attenzione si estende anche al settore ferroviario, dove lo studio del carico di lavoro degli operatori contribuisce a ottimizzare le prestazioni.
Tunnel basati sul suono, già ora
A concludere questa esperienza, le infrastrutture. In generale, anche all’Autonomous Main Event si è parlato di come le infrastrutture cambieranno.
Ma alla sede di Virtual Vehicle è stato dato spazio anche a un altro ente, questa volta legato all’Università Tecnica di Graz: si chiama Joanneum Research, società di ricerca non universitaria di proprietà degli Stati federati di Stiria, Carinzia e Burgenland, e che oggi conta 500 dipendenti da 25 paesi. La società, nella persona dell’italiano Daniele Cozzi, ci ha raccontato di Akut, un dispositivo pensato per migliorare la sicurezza in tunnel e gallerie, già da ora, e a partire dall’Italia, dove è stato implementato in diverse gallerie lombarde ma non solo, per un totale di 33 tunnel.
Akut punta a rivoluzionare la gestione degli incidenti. Secondo Cozzi, i sistemi di allarme tradizionali si attivano spesso troppo tardi, rilevando solo gli effetti di un incidente – come il formarsi di code o l’apparizione di fumo. Questo ritardo, anche di un solo minuto, può consentire a circa 100 veicoli di entrare nel tunnel, aumentando esponenzialmente la complessità dell’emergenza, soprattutto in ambienti urbani trafficati.
Il sistema Akut, invece, utilizza microfoni avanzati dotati di intelligenza artificiale in grado di rilevare e classificare una vasta gamma di suoni anomali, come incidenti, scoppio di pneumatici, stridii, portiere che sbattono o clacson. Tutto questo avviene in meno di un secondo, attivando immediatamente un allarme nel centro di controllo del traffico.
Una delle caratteristiche più rivoluzionarie del sistema è la capacità di integrare rapidamente audio e video. Appena rilevato un suono anomalo, il sistema richiama automaticamente sul monitor dell’operatore le immagini della telecamera più vicina al punto dell’incidente. “In meno di un secondo, l’operatore può vedere cosa sta succedendo e decidere come intervenire”, ha spiegato Graf.
La prima misura suggerita è solitamente quella di attivare tutti i semafori rossi all’ingresso del tunnel per impedire ad altri veicoli di entrare nella zona dell’incidente. Questo intervento tempestivo può ridurre significativamente il numero di veicoli coinvolti e limitare i rischi per le persone già presenti nel tunnel.