I marchi italiani hanno sempre avuto un certo successo in Sudamerica, o con modelli propri pensati appositamente per quei mercati o dando licenze ad aziende locali per utilizzare veicoli europei. Una di queste è l’Alfa Romeo FNM Onca del 1966, una vettura che però risalta e si distingue da tutte le altre, per via di una sua particolare caratteristica: è una pony car all’italiana, o una Giulia se fosse stata costruita in America.
Il rapporto tra il Biscione e l’America meridionale un tempo molto forte, sin dai tempi antecedenti la seconda guerra mondiale. E quando, nel 1942, il generale Edmundo Soares insieme al comandante di brigata Antonio Muniz aprì a Rio de Janeiro la Fabrica Nacional de Motores (FNM), con lo scopo di produrre motori aeronautici, munizioni, frigoriferi e biciclette, Alfa divenne presto un partner importante.
La nascita dell’Alfa Romeo FNM Onca
Nel 1949, FNM strinse un accordo con Isotta Francini per produrne i camion, ma due anni dopo la società fallì e la fabbrica brasiliana aveva bisogno di nuovi partner. Fu così che Alfa Romeo decise di concedere la licenza per la produzione di autocarri, andando poi ad estendere l’alleanza anche ai veicoli leggeri. La prima vettura che ne uscì fu la FNM-1000 Model JK, ovvero un’Alfa Romeo Duemila berlina costruita su licenza, dove però la sigla “JK “indicava Juscelino Kubitscheck, all’epoca presidente del Brasile.
Dalla meccanica della FNM 2000 derivò anche quella dell’Alfa Romeo FNM Onca, il quale corpo però era in fibra di vetro ed era completamente realizzato a mano. A capo del progetto il designer e imprenditore Gennaro “Rino” Malzoni, autore anche dell’Alfa GT Malzoni e della Cougar. Nella sua officina a Matao City (Sao Paulo) furono costruite tutte le carrozzerie della Onca, mentre a Xerem (Rio) furono assemblate le parti meccaniche.
Una pony car milanese
L’Alfa Romeo FNM Onca assomiglia incredibilmente alla Ford Mustang di prima generazione, il cui debutto risale a due anni prima nel 1964. Cambiano le proporzioni (la Onca è più piccola e corta), ma l’aspetto è quella di una pony car, così come il design è quasi interamente condiviso con l’icona statunitense. Lo si nota dalla linea del tetto, dal profilo laterale inferiore, dalla linea di cintura.
Quello che le distingue davvero è il design della fanaleria, che invece si ispira all’originale Alfa Romeo Giulia. La concept car della Onca, presentata al Salone dell’Auto del Brasile nel 1966, presentava quattro fari, ma nella versione in serie si decise di tenerne solo due, rotondi.
Ciò che distingue davvero la Onca – il cui nome non è di un cavallo, ma significa “giaguaro” in portoghese – è il motore. Niente V8 4,7 litri come sulla Mustang, ma un più contenuto 2.0 benzina quattro cilindri, con potenza da 115 o 131 CV e 167 N/m di coppia, comunque buone prestazioni per l’epoca. Anche il cambio è abbastanza avanti: un manuale a cinque velocità.
Ad ogni modo, l’Alfa Romeo FNM Onca non entrò mai davvero in produzione di serie, e questo nonostante la buona accoglienza al Salone del Brasile. Anche perché il modello fu progettato tenendo all’oscuro la casa madre, cosa che non aiutò. In totale, ne furono prodotte appena 5, di cui tre esistono ancora e una è stata restaurata da un uomo brasiliano di nome Ricardo Oppi.